Il centrodestra in cerca di padri culturali

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L’improvvida “provocazione” del ministro della Cultura Sangiuliano, di potere individuare in Dante Alighieri il padre culturale della destra, oltre che improvvida e sfrontata dimostra o una scarsa propensione e conoscenza della storia o una malcelata sicumera di considerare l’uditore come un ripetente di quarta elementare. Anche se il linguaggio/propaganda dei politici è arrivato così in basso, mai si dovrebbero superare i limiti della decenza. Il rapporto dei partiti con la cultura e la militanza, anche attiva e spontanea, degli intellettuali /letterati, artisti, giornalisti ecc.) è andato calando in questa seconda repubblica fino a scomparire del tutto. Quello che rimane è una militanza d’accatto, ben remunerata e finalizzata ad una propaganda sempre più invadente e sempre più priva di obbiettività e di verità. Il passaggio d’epoca possiamo farlo coincidere con la discesa in campo di Berlusconi, il più grande corruttore della politica di tutti i tempi e colui che l’ha mercerizzata, e, con la sua presa del potere, ha comprato tutto quello che poteva e, a volte, persino la dignità delle persone. Le sue televisioni e i suoi giornali dovevano pubblicizzare le sue idee e i suoi progetti pena il licenziamento, come toccò a Montanelli costretto alle dimissioni dal Giornale, che aveva fondato, per non aver accettato la linea che gli era stata imposta. Gli altri partiti si sono presto adeguati e da allora la rottura tra la cultura e la politica è stata definitiva. I partiti, nel senso moderno del termine, nacquero con la rivoluzione francese, seppur in forma primordiale, per poi irrobustirsi nel corso dell’ottocento con le culture e le correnti filosofiche del socialismo, del pensiero liberale, del conservatorismo. I partiti furono ideologici, la cultura fu espressione della loro ideologia e gli intellettuali con le loro idee li influenzavano e, spesso, diventarono organici e strumento di rappresentanza, e di proselitismo, In Italia dopo il ventennio fascista, durante il quale gli intellettuali furono costretti a sposare le dottrine del Duce e a contribuire a fascistizzare l’Italia giurando fedeltà al regime per evitare carcere, confine, persino uccisioni, con la repubblica riacquistarono la libertà di poter manifestare liberamente il proprio pensiero. La maggior parte di loro si ritrovarono nel PCI e nella DC, altri nei partiti liberali, socialdemocratici e socialisti. Ogni partito aveva la propria bandiera attorno alla quale radunava e teneva i propri simpatizzanti, Oggi quelle bandiere sono diventate di carta e gli intellettuali, quelli che non si vendono per vile denaro, sono sempre più distaccati dalla politica che è divenuta, nel frattempo, più sfacciata e sfrontata. I partiti si sono personalizzati, hanno abbandonato la propria ideologia, non sono più portatori di progettualità né difensori di interessi generali ma gruppi di potere e di protezione di interessi quanto più estesi e corporativi. La Meloni, con una accorta e populistica politica di opposizione e raccogliendo prima tutto il vasto panorama dei nostalgici del vecchio MSI (il cui simbolo figura nel nuovo logo), del mondo dei branche di contestatori violenti eredi di Ordine nuovo e altri simili, e poi, togliendo voti a Berlusconi e Salvini, ha conquistato il potere. Da ambiziosa ed astuta ha, però, capito che, se non trasformerà la sua destra in qualcosa di più moderno ed europeo, non avrà vita lunga e si sta dando da fare per diventare o almeno apparire una corrente del conservatorismo democratico europeo. Pertanto è alla ricerca di padri fondatori intellettuali facendo finta di dimenticare che i veri ispiratori del MSI, dal quale deriva il suo partito, sono quelli noti a tutti: da Julius Evola a Rauti, Romualdi, Almirante che si rifecero al pensiero di Prezzolini, di Papini e del filosofo Gentile, Lasciassero in pace Dante, che con loro non ci “azzecca” niente come avrebbe detto Di Pietro!!

di Nino Lanzetta