Il fenomeno delle “dittature democratiche”

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Bolsonaro, Orbán e Trump

Di Matteo Galasso

Dalle prime organizzazioni statali si sono distinte moltissime forme di governo, dalle monarchie teocratiche alle democrazie di stampo ateniese, passando per le oligarchie. Tra tutte queste se n’è sempre distinta una, alla quale si giungeva spesso con la forza. Era imposta da una minoranza sulla maggioranza e il suo nome era tirannide, oggi più comunemente tradotta come ‘’dittatura’’. Possiamo trovare un esempio di “golpe” da parte di un‘’tiranno’’, termine inizialmente non dispregiativo, già nel 561a.C., quando Pisistrato con 300 mercenari – che gli furono concessi dal popolo stesso affinché non venisse ucciso per concorrere lealmente al dibattito politico della città – occupò l’Acropoli di Atene ottenendo di fatto i ‘’pieni poteri’’.

Nella storia abbiamo spesso assistito a queste derive autoritarie. Sappiamo, infatti, che una dittatura nasce sempre da un colpo di Stato, con il quale viene neutralizzata la forma di governo precedente: le dittature avute in Europa nel corso del XX secolo sono nate proprio da una situazione di forte debolezza istituzionale, la quale ha garantito l’ascesa di personalità forti, le quali –pur se non acclamate dal popolo o meglio da tutto il popolo –sono salite al potere illegittimamente, spesso con la forza.

Le figure carismatiche del secolo scorso, rappresentando di fatto una forma di stato autoritario appartenevano a partiti di estrema destra o estrema sinistra, che – per quanto differenti –esprimevano ed esprimono più o meno lo stesso concetto. Possiamo ricordare tre dittature che hanno caratterizzato la prima metà del Novecento: quella bolscevica dell’Unione Sovietica, attuata a partire dal 1917 dopo una serie di insurrezioni guidate da Lenin e Lev Trotzkyj contro i nobili dell’entourage dello Zar, instaurando di fatto un sistema di repubblica socialista; quella fascista nel Regno d’Italia, evoluta si nel 1922 a seguito della ‘’Marcia su Roma’’ con 50 000 camicie nere che entrano nella capitale minacciando di occupare con la forza la città se l’ex socialista Benito Mussolini non fosse stato incaricato di formare un governo; quella tedesca Nazionalsocialista copia ideologica di quella fascista se non con la differenza che Adolf Hitler fu eletto legittimamente cancelliere nel 1933 con il 44% delle preferenze mentre il Duce non fu mai eletto dal popolo. Quella di Hitler, anzi, costituisce il primo esempio di ‘’Dittatura democratica’’, che a differenza di una “normale” dittatura, imposta da una minoranza sulla maggioranza, è stata voluta dal popolo.

Ma, come mai il popolo, nonostante fosse consapevole di votare un dittatore, consegnò al Germania a Hitler il Paese? La Germania usciva da una grave crisi economica dovuta soprattutto alla sconfitta subita nella prima guerra mondiale e alla seguente inflazione e svalutazione della sua moneta. In quel momento il governo democratico – proprio perché moderato – non attuava grandi cambiamenti all’interno della nazione: c’era quindi bisogno di una figura che non si limitasse a ‘’tirare avanti’’, ma che attuasse riforme che cambiassero nel profondo la struttura del Paese per ristabilire l’ordine e permettere a tutti i tedeschi di vivere in un paese più ricco e, soprattutto, più forte. Si decise quindi di vendere la democrazia per la pace fiscale.

Negli ultimi anni il fenomeno delle ‘’dittature democratiche’’ sta ritornando in voga. Anche se diversi nel modo di porsi rispetto alle figure carismatiche del ventesimo secolo, nuovi personaggi che si battono per idee di conservatorismo, sovranismo e nazionalismo, stanno ottenendo numerosissimi consensi soprattutto nei ceti medio-bassi della società. Questo fenomeno è legato al messaggio retorico di questi leader, ovvero “l’eliminazione di tutti quelli che possono essere i problemi che rendono la vita complessa e preoccupante dei cittadini”. Ed è per questo che ripetono continuamente tutto ciò che gli stessi cittadini vogliono sentirsi dire, con proposte impossibili da realizzare e facendo finta di vivere in un mondo dove la globalizzazione non è mai esistita. Nonostante non appaiano come dei veri e propri dittatori, il loro carisma e il loro modo di esprimersi fanno pensare sicuramente a delle figure più autoritarie di quelle che governano attualmente le istituzioni democratiche. Non di rado si ritrovano spesso in contraddizione con le leggi fondamentali del proprio Stato con affermazioni anticostituzionali e benché oggi non costituiscono realmente un vero e proprio pericolo per i cittadini, questi ultimi ne sono influenzati positivamente, in quanto impauriti da un’economia in crisi e da casi di cronaca nera che vengono percepiti come gravi pericoli, ma che in realtà non lo sono. Ed è proprio a causa di questa paura alimentata attraverso interviste e dichiarazioni che riescono a farsi strada figure del genere, che in realtà – arrivando ad ottenere posizioni politiche di rilievo all’interno del governo del proprio Paese – si dimostrano spesso incapaci di attuare ciò che hanno promesso in continue ed estenuanti campagne elettorali. Queste personalità si nutrono semplicemente dell’insoddisfazione dei cittadini per farsi strada, ma non hanno molte volte le capacità ed un vero programma con un piano realizzabile per costruire una nazione migliore. Sappiamo tutti che dopo i due disastrosi eventi bellici che hanno insanguinato il Novecento non si può più rinunciare a nessuna delle libertà che solo un Paese democratico può garantire e quindi rischiare di percorrere strade che possano – anche marginalmente – spingere verso una deriva autoritaria i nostri governi.