Il governo tra rischi e prospettive

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Nell’anno che è appena cominciato per il Governo Conte si presentano molti rischi, ma anche qualche prospettiva. Conte è un buon Presidente; non viene dalla politica e, forse anche per questo, gode del consenso di metà della popolazione. Non parla il politichese; studia i problemi e cerca di risolverli pur, tra veti e contro veti della sua rissosa maggioranza. Si sta allontanando dal M5S, anche se non pensa di formare un nuovo partito. Tutto fa credere che si muova nell’ambito di una costruzione di un ampio soggetto di centro sinistra imperniato su un PD destrutturato e profondamente modificato. Le premesse ci sono tutte e il popolo delle sardine stimola un profondo cambiamento della politica che il PD non può eludere se non vuole che vinca la peggiore destra: quella di Salvini e della Meloni perché Berlusconi non conta più nulla.

Il Governo reggerà?  Ci porterà alla fine della legislatura? Molte sono le mine da disinnestare. A cominciare dall’esito delle elezioni regionali dell’Emilia Romagna che se il Governatore Bonaccini -. in testa ai sondaggi- dovesse malauguratamente perdere, Salvini farebbe il diavolo a quattro per farlo cadere. Ci saranno, poi, le verifiche, che saranno ad ostacoli. Di Maio vuole la revoca delle concessioni delle Autostrade ai Benetton (Atlantia); non vuole che sia toccato il reddito di cittadinanza e non vuole stipulare alleanze locali con il PD né vuole mettere in discussione il blocco della prescrizione dopo il primo grado del processo. Per il Pd due questioni sono prioritarie: la Scuola e la Giustizia fiscale: investire nella istruzione e nella ricerca, (a tal fin ha voluto per Roberti il Ministero della Ricerca) e vuole aumentare gli stipendi ai professori. Italia Viva vuole che si investano 120 miliardi nelle infrastrutture (strade ferrovie, aree disastrate ecc.) e per fare cassa chiede l’abolizione del reddito di cittadinanza e di quota cento. Leu punta sulla sanità, che va consolidata con nuove risorse, e sull’abolizione del Jobs Act. L’intesa su questi punti è difficile, soprattutto per colpa di Di Maio, che non ha compreso che il M5S non può più considerarsi un movimento una volta che ha accettato la logica del governo in coalizione con altri partiti e non può imporre i suoi obbiettivi senza raggiungere un compromesso con gli altri partner. Di questa ambiguità, oltre che dell’incompetenza e del digiuno di gestione delle Istituzioni, sta pagando le conseguenze, perdendo la metà dei voti e assistendo ad una diaspora interna che rischia l’implosione. Se si aggiunge un Renzi che non ci sta ad essere leader di un minuscolo partito e cerca spazio in modo spregiudicato si ha la dimensione esatta delle mine vaganti che possono affossare, da un momento all’altro, il governo. Fortunatamente la volontà dei parlamentari di andare al voto al più tardi possibile costituisce un deterrente tranquillizzante.

Il Presidente Mattarella, nel suo messaggio di fine d’anno, ha   sollecitato un cambio di prospettiva che facesse perno sui giovani da inserire nei posti di comando per un cambiamento radicale della politica; sui lavoratori, risolvendo le crisi aziendali e puntando a creare nuovo lavoro; sulla lotta elle disuguaglianze, creando coesione e speranze, infondendo fiducia al fine die salvaguardare la società e la cittadinanza e rafforzare la democrazia. Basta con questo clima del tutti contro tutti.

Se vi sarà un cambio di passo gli anni che mancano alla fine naturale della legislatura potranno essere utilmente utilizzati per avviare le vere riforme che servono all’Italia (a cominciare da una buona legge elettorale e a misure concrete per la riduzione dei tempi dei processi, al modo di far pagare le tasse, all’abolizione dei privilegi e alla liberazione della Rai dai partiti.

di Nino Lanzetta