Il Mezzogiorno diventi problema di tutti

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Mentre il progetto dell'”autonomia differenziata” tenta di imporsi come nuovo totem di un’Italia sempre piú divisa e lacerata, ci pensa la Svimez a fare un refresh sull’involuzione del Paese Italia e del suo Sud che deve fare, di giorno in giorno, i conti con la “desertificazione”.

Soprattutto al suo interno il Sud si è svuotato, e si fa fatica a riconoscere un corpo esangue, dissanguato da una “desertificazione umana” che l’ha profondamente debilitato, trasformandolo nel suo tessuto sociale.

Nel frattempo la popolazione meridionale invecchia e il Sud s’impoverisce.

Il destino finale del Mezzogiorno si può leggere, in filigrana, tutto in questo “esodo moderno”.

Il presente, per i giovani del Sud, si traduce sempre piú in una inesorabile fuga per il futuro.

Poi, se aggiungiamo che nel dilagante fenomeno migratorio la “fuga dei cervelli” ha assunto una dimensione soverchiante, con un irreversibile impoverimento economico e culturale dei territori, il quadro è completo.

Nel Meridione, ci spiega Svimez, “si é riaperta una frattura territoriale che arriverá a segnare un andamento opposto tra le aree, facendo ripiombare il Sud nella recessione”.

Insomma, le differenze tra Nord e Sud continuano a segnalare la forte bipolarità di un malato “sistema Italia”.

Il Mezzogiorno, assente ingiustificato nella disordinata agenda politica di un Paese profondamente lacerato al suo interno, si ritrova a essere denunciato nei suoi mali, vecchi e nuovi.

L’Italia ha così rilevanti diseguaglianze territoriali, che si traducono in gravi e sempre più accentuate disuguaglianze sociali, che aumentano di anno in anno, profilando un paese nel Paese.

Un Paese a due velocità, che farebbero arrossire qualsiasi governante dei cosiddetti paesi moderni e industrializzati.

Stigma tangibile di questi tempi confusi, di governi sfilacciati, logori, che invece dovrebbero ritrovare le giuste misure e le energie necessarie per ricucire quello strappo vergognoso che è il gap Nord/Sud.

Un dualismo di questo genere, in un’Italia governata da tanta ambizione, non può non costituire un insormontabile ostacolo alla volontà dichiarata di ritornare a recitare un ruolo primario nello scenario internazionale che ci vede sempre più periferia d’Europa.

La storia si ri-scrive ripartendo da Sud. E non è uno dei tanti slogan mediatici che ci fanno ingurgitare ogni giorno.

“La storia del Sud è tutta da riscrivere”, e non può certamente cominciare con “c’era una volta il Mezzogiorno”.

La realtà non può essere disconosciuta, ignorata, camuffata, soprattutto quando riguarda il futuro di un Paese che non “riparte” se il Mezzogiorno resta “fermo”.

E’ questa la prima lezione che chi governa dovrebbe imparare, non semplicemente per vincere le elezioni e intestarsi una “vittoria di Pirro” in un Paese che non è ancora Nazione, ma per provare a voltare pagina nel racconto stucchevole di un’Italia divisa tra demagogia e populismo, giovanilismo e illusionismo.

E i meridionali? I meridionali non sanno più a che santo votarsi.

Di Sud, di Mezzogiorno, nelle future scelte del Paese, neanche l’ombra.

Dal governo, i meridionali attendono, da troppo tempo, risposte concrete sulle tante emergenze che fino ad ora non sono state minimamente al centro dello scontro, sempre e soltanto elettorale.

“Il Mezzogiorno è il problema di tutti”. Se questo comincia a diventare il titolo a nove colonne del Paese Italia, ad essere redento non sarà soltanto il martoriato Meridione ma un Paese che senza un orizzonte unitario deve necessariamente ritrovare se stesso.

di Emilio De Lorenzo