Il mito rovesciato della Russia

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Robbie Williams è uno dei cantanti più famosi del mondo, il suo show allo stadio Luzhniki di San Pietroburgo, aprì il 14 giugno di quattro anni fa, i mondiali di calcio in Russia. Le cronache di allora ci dicono che Putin attraverso lo sport intende lanciare un messaggio di una nazione moderna e lui stesso nel suo discorso inaugurale dice che tutti hanno lavorato sodo per preparare questo evento e invita a godersi la Russia, “un Paese ospitale e amichevole”. Eppure già molte cose erano accadute a partire dall’occupazione russa della Crimea con le prime severe sanzioni economiche e poi l’epurazione dei nemici interni e l’appoggio al dittatore siriano Assad o le ingerenze illecite dei russi nella campagna elettorale americana del 2016. Il clima però allora è di dialogo tra l’Occidente e Putin ansioso di riverniciare l’immagine sbiadita del suo Paese. Da quel giorno non sembrano passati solo pochi anni.  Oggi più la guerra va avanti e più aumentano le domande su quando e come finirà e ci si interroga anche di come l’Occidente ha potuto sottovalutare Putin, accorgendosi con grave ritardo, che il presidente russo è un autocrate capace di invadere un Paese libero e indipendente. Il mondo della guerra fredda, che si chiude con la caduta del muro e con le riforme di Gorbaciov, obbliga Stati Uniti ed Europa ad aprire un canale di dialogo, che c’era anche in epoca sovietica, e che dunque occorreva coltivare ancora di più con la Russia del dopo muro. Qualche giorno fa l’attuale Presidente della Corte costituzionale Giuliano Amato ricordava un incontro avuto con Putin vent’anni fa e non si capacita di come l’uomo che doveva traghettare il più grande Paese del mondo nel terzo millennio l’abbia affossato nelle tragedie e nelle illusioni del secondo. “Oggi – dice Amato – vedo questo Putin irriconoscibile, gonfio, che dice delle cose deliranti e compie azioni terribili. Mi ricordo quando nel giugno del 2000 il neopresidente della Federazione russa mi venne a trovare a Palazzo Chigi: era giovane e parlava degli interessi comuni che avremmo dovuto valorizzare per organizzarci insieme. Ecco, quell’opportunità è andata perduta. Lui ora sta sbagliando tutto e trovo intollerabile qualsiasi tentativo di giustificazione. Ma io avverto il peso di un fallimento europeo e dell’intero Occidente”. Oggi non solo l’Italia ma tutta la comunità occidentale è alle prese con la più grave crisi internazionale dalla fine della Seconda Guerra mondiale. Una visione del mondo cominciata con la fine della guerra fredda si è chiusa e se ne è aperta un’altra dai contorni ancora indefiniti. Questa è l’epoca nella quale tutto cambia repentinamente e tutto implode e si tende a cancellare anche scelte fatte solo qualche tempo prima. L’unica bussola resta quella del presente da giocarsi sui social con convinzione alla ricerca dei “mi piace. In questo quadro come ha scritto Ezio Mauro su Repubblica “il mito rovesciato della Russia, come i palazzi di San Pietroburgo che si specchiano al contrario nelle acque della Neva, torna ad agire sull’Europa ipnotizzandola, scompaginandola e – ciò che più conta – dividendola. È un ribaltamento della storia, perché dopo aver insediato al Cremlino la rivoluzione bolscevica, spargendo i semi leggendari del comunismo realizzato in tutto il mondo, oggi Mosca è diventata la capitale dell’autoritarismo conservatore, del nazionalismo reazionario e soprattutto del dispotismo autocratico: l’unico elemento fisso sulla scena russa del potere, nei tre secoli di regno dello Zar, nei sette decenni sovietici governati dal Politbjuro del Pcus e nei 22 anni di dominio dell’ultimo principe, Vladimir Putin”. E a quest’ultimo si può ancora dare credito come fanno in molti a casa nostra oppure, come fanno altri, dimenticare di averlo mai incontrato.

di Andrea Covotta