Il Natale resiste

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di Monia Gaita

Il Natale resiste, soggiorna su tutte le miserie, taglia la torta di un altro compleanno.

Ci innalziamo fino alla vetta più alta per poco tempo con un’eccitazione che cogli nelle strade, nelle vetrine addobbate, nella reggenza provvisoria delle luminarie.

È la radicalizzazione dello stupore. Resistono i piccoli doni, resiste la mangiatoia con le montagne di carta sulla credenza, resistono i canti, le poesie e i presepi nelle scuole.

Resiste la memoria di bello del Natale, trova un perno d’appoggio nel presente, tornisce i piatti della tradizione, perché anche i cibi raccontano il Natale con una varietà che fila gesti secolari.

E meno male che Gesù resiste, non si disperde nella modernità.

Qualcuno ci prova a sgomberarlo dai giorni, ma non riscuote fortuna.

Il Bambino resiste al fuoco degli attaccanti, fiacca la spinta dei sovversivi, dei rancorosi, dei neutrali e dei menefreghisti, di quelli che non hanno amore per niente.

Dovremmo ospitare Gesù allo stesso modo in cui lui ha ospitato noi nel mondo, stabilire un’intelaiatura di virtù che vieti di divorarci a vicenda.

Ci vorrebbe una carta della fede non solo religiosa. Dovremmo tutti ricostruire la clemenza, praticare il fuoriuscitismo difronte alla finzione, alla viltà, al dileggio e all’intolleranza.

Dovremmo tutti riabilitarci all’accoglienza, vedere nel povero e nel disoccupato non un fallito, uno che non ce l’ha fatta, un inetto che non ha raggiunto il traguardo, ma uno da aiutare.

Vedere in chi si lascia trascinare dalla corrente verso la parte peggiore della rapida, una persona cui porgere un’altra possibilità.

Perché Gesù sta fuori dal burocratismo rigido delle condanne e delle accuse.

È forse questo il senso del Natale, il revisionismo della rabbia e dell’inerzia, non abbandonare la sfida anche quando sentiamo di non farcela, abbracciare il rischio, arrampicarci fino alla cima della roccia, scendere nello spiazzo delle vicende universali, legarle al nostro esistere, baciare le mani alla fragilità, riconciliarci col dolore.

Capire in questa grande arena dell’inganno, che solo nel vero, diventiamo migliori