La Costituzione Italiana all’art. 1 recita: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro. …” e all’ art. 36: “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa. …”.
Nel corso degli ultimi trenta anni, questi articoli sono divenuti completamente desueti. L’Italia è divenuta una Repubblica pseudo democratica fondata sulla rendita e sui privilegi e il lavoro lo strumento più conveniente, permesso dalle leggi, di sfruttamento da parte delle imprese (piccole, medie e multinazionali) per il loro illecito arricchimento. Il lavoratore non è più un soggetto del rapporto di lavoro, tutelato dalla legge, ma un oggetto, usa e getta, che ha perduto ogni suo diritto e molta della sua dignità, per colpa non solo della politica e della globalizzazione ma anche di tanta parte delle forze sociali e sindacali e dell’indifferenza e l’assuefazione dei cittadini. La deriva viene da lontano e coinvolge governi di centro destra e di centro sinistra e non si è mai fermata. Si cominciò da Dini, Treu (con il suo famoso “pacchetto”) fino a Renzi del Jobs Act.
Il mercato del lavoro ne è risultato sconvolto; le paghe e i salari sono progressivamente diminuiti (una scala mobile a ribasso!), la sicurezza sul posto di lavoro azzerata e le morti hanno subito un’impennata (tre morti al giorno; nelle ultime settimane ragazzi ancora a scuola e giovani) da far gridare vendetta al cospetto di Dio e la dignità del lavoratore messa sotto i piedi. Per dirla in termini meno crudi il lavoro si è precarizzato scivolando ogni giorno di più verso la povertà. Negli ultimi tempi i salari in Italia sono diminuiti del 7,5% mentre negli altri paesi della CEE sono aumentati del 5/7%. Tutti i lavori sono sottopagati; part time, a ore, a chiamata, stagionali, in nero e alcuni addirittura a titolo gratuito gabellandoli per stage o apprendistato. Il lavoro si è completamente parcellizzato per una tipologia di contratti impressionante (quasi un migliaio) ed in più con contratti pirata La contrattazione sindacale è completamente assente in molte aziende nelle quali (con la partecipazione di sindacati creati ad hoc dagli imprenditori senza scrupoli) si fanno contratti addirittura ad personam. Anche i sindacati cominciano a perdere credibilità e nelle chiusure di aziende per delocalizzazione i lavoratori fanno da sé occupandole e resistendo con abnegazione e coraggio, talvolta raggiungendo l’obbiettivo. Il lavoro è scivola verso la povertà: un terzo dei lavoratori è addirittura sotto la soglia di povertà.
Come fare per arginare questa follia di disgregazione sociale che produce insicurezza, rabbia, sfiducia nelle Istituzioni? Si salva ancora il Quirinale ma prima o poi, con questa inetta classe politica un Berlusconi farà presto a conquistarlo e il futuro diventerà preoccupante se esploderà la rabbia sociale.
Si potrebbe cominciare adottando il salario orario minimo obbligatorio per legge. Ce l’anno già tutti i Paesi dell’Unione europea con eccezione dell’Italia e dell’Austria. Ma è difficile che si farà, almeno in questa legislazione. Due proposte di legge, una del PD ed un’altra del M5S giacciono impantanate in Palamento perché le destre, la Confindustria ed anche i sindacati confederali sono contrari. Eppure il salario minimo (euro 9,80 ora) in Germania, introdotto nel 2015 funziona egregiamente anche con la contrattazione collettiva. Il salario minimo legale dovrebbe seguire i salari contrattati dai sindacati più rappresentativi (CGIL; CISL; UIL) crescendo con la stessa percentuale. Dove c’è il salario minimo aumenta l’occupazione come accade in Germania, Regno Unito, Spagna. Il problema è nell’agenda europea e tutti i paesi membri dovrebbero adeguarsi.
Bisognerebbe far tornare la dignità sul posto di lavoro, come ha ammonito il Presidente Mattarella nel discorso del suo insediamento, e favorire il lavoro cooperativistico. Il capitale dovrebbe produrre lavoro non ridurlo e i manager non dovrebbero avere una ricompensa superiore a sei volte quella di un operaio. Oggi occorrono 36 anni per arrivare al salario di un manager. Lo Stato deve fare di più, molto di più, inventando un nuovo Welfare, concedendo bonus e protezione; modificare il RdC in aiuto al lavoro; abolire i mille contratti in essere; far emergere trasparenza nelle aziende, premiando le virtuose e penalizzando quelle che non applicano paghe giuste.
Purtroppo con questa classe politica di arruffoni, di comunicatori autoreferenziali ed incompetenti con nessun senso dello Stato, temo non se ne farà nulla, fino a quando il popolo si riapproprierà della sovranità che, pe Costituzione, gli appartiene.
di Nino Lanzetta