Il sogno di pace dell’Europa

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Nelle strade insanguinate dell’Ucraina stanno finendo gli anni di pace così faticosamente costruiti. Ci siamo illusi che la caduta del muro di Berlino avrebbe segnato una nuova era nei rapporti tra Est ed Ovest ed invece siamo ripiombati nell’orrore. Quando finisce il secondo conflitto mondiale è il tempo della guerra fredda, di un quadro geopolitico delineato a Yalta dalle grandi potenze e che vede l’Italia collocata nella sfera atlantica, ma con un ruolo di cerniera tra i due blocchi, in un sistema politico bipolare che caratterizzerà tutta la prima Repubblica. Un risultato determinato principalmente dalle elezioni del 18 aprile del 1948. Sono trascorsi 74 anni da quella data che segna una sorta di spartiacque. A vincere è nettamente la Democrazia Cristiana rispetto al blocco delle sinistre rappresentato da comunisti e socialisti uniti nel Fronte popolare. Si creano allora i poli principali che resteranno invariati per oltre 40 anni, alla DC il monopolio del governo, al PCI il ruolo di principale partito dell’opposizione. A guidare l’Italia in quel frangente così difficile è Alcide De Gasperi, la figlia Maria Romana, scomparsa due settimane fa a 99 anni, ha descritto in una intervista perfettamente lo statista ““Mio padre – ha raccontato – era un intellettuale che la sera per rilassarsi leggeva Virgilio e l’Anabasi di Senofonte in greco. La domenica comprava le paste. Una a testa: per noi quattro figlie, mia mamma e sua sorella Marcella che non avendo più nessuno viveva in casa con noi. Lo stipendio lo portava a mia madre che gli dava l’argent de poche per i giornali e per i sigari. Credeva fermamente che la vanità fosse un’insidia per chi fa politica e ricordava che una volta, in Liguria, dopo un comizio elettorale, davanti ad un assalto di sostenitori che picchiavano le mani sul vetro della macchina per invitarlo a fermarsi, mi disse: ora comprendo Mussolini, è difficile capire se lo fanno perché sei il capo, o perché hai fatto qualcosa di buono”.  De Gasperi è l’uomo del rigore, delle poche parole, tutte pensate, rispondenti alla realtà. Un antieroe che si fa carico dei problemi senza scaricarli sugli altri, un uomo che fa politica dopo l’ubriacatura del fascismo. Gode di un vasto consenso personale e quella campagna elettorale del ’48 si misura con strumenti tanto diversi da quelli attuali. Senza la televisione e i social media, con incontri e comizi e con milioni di manifesti e tante immagini evocative, l’obiettivo è spingere quante più persone a votare. Comincia allora la democrazia come la conosciamo oggi. In pochi anni si gettano le basi del cosiddetto miracolo economico e si crea un cambiamento epocale per l’Italia che, in breve tempo, da paese prevalentemente agricolo diventa rapidamente industriale.  De Gasperi è l’antitesi dei capi fascisti, instaura la democrazia dopo gli anni della dittatura e apre all’idea di unificare l’Europa come baricentro culturale ed economico, come antidoto alla guerra e cura per la pace. Un’idea che viene da lontano e che è stata formulata anche da politici e intellettuali di sinistra: basti pensare al Manifesto di Ventotene scritto negli anni Quaranta da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, tre esuli antifascisti. E in questi giorni c’è voluta l’aggressione della Russia all’Ucraina per ricordarci che cosa vuol dire una dittatura e per ricordarlo all’opinione pubblica non solo italiana ma europea. E allora assumono un valore ancora più attuale le parole proprio di Altiero Spinelli che dal confino di Ventotene, mentre le orde naziste arrancavano, scrive: “dentro di me pensavo che avrebbero potuto pur vincere e fare un’Europa nella quale non ci sarebbe stato posto né per quel che sognavamo, né per noi stessi”.

di Andrea Covotta