Il sogno infranto delle stelle cadenti

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Diceva il divino Giulio: il potere logora chi non lo ha. Mai come nel caso dei Cinquestelle irpini il detto di Andreotti calza a pennello. Il Movimento alla sua nascita rappresentò una straordinaria novità. Esso interpretava i bisogni della comunità, definendo una priorità programmatica, e, soprattutto, coniugava il suo impegno con il sentimento popolare fondato sulla necessità di un cambiamento radicale. In Italia, come in Irpinia. Qui, in provincia di Avellino, i pentastellati ottennero un successo clamoroso, costruito con l’intraprendenza di Carlo Sibilia, giovanottone nato nella metà degli anni ’80, volitivo e determinato. Fu lui il “Napoleone politico” d’Irpinia a tessere la tela che avrebbe dovuto coprire le malefatte di una classe dirigente definita clientelare e opportunista e spazzarla via. Sì, proprio lui che diventerà nel futuro il teorizzatore dei complotti per eccellenza. (la “farsa” dell’atterraggio sulla luna e così via). Ad Avellino aveva dato vita, insieme a pochi altri giovani al Meetup “Amici di Beppe Grillo”. E sarà lui, candidato alle “parlamentarie” ad ottenere il maggior numero di click (113) per la scalata al Parlamento italiano dove vi giunge nel 2013. Da allora nessuno lo ferma più. Ed è lui a selezionare quella che sarebbe diventata la classe dirigente pentastellata. La scacchiera vuota comincia a riempirsi lentamente. Entra nella sfera del potere Vincenzo Ciampi che, dopo alcune bocciature elettorali, riesce a conquistare lo scranno più alto della città diventando, nel 2018, sindaco del capoluogo irpino, scalzando Nello Pizza candidato del Pd. Ciampi non avrà molta fortuna e passerà alla storia come il galantuomo senza lode e senza infamia. Non lascia segni nella città, anche perché vittima di una maggioranza consiliare che non ha. Ma il vento dei pentastellati soffia ancora sia pure debolmente e così Ciampi viene gratificato con la elezione a consigliere regionale nel settembre del 2020. La scacchiera si riempie con le elezioni al Parlamento nazionale nel 2018. Il M5s fa il pieno. Spazza via tutti gli altri partiti e porta in Parlamento ben cinque rappresentanti: Carlo Sibilia, Ugo Grassi, Generoso Maraia. Maria Pallini e Michele Gubitosa. Con una squadra così è giusto credere che la storia della provincia di Avellino scriverà pagine di rivoluzione sociale e culturale. Finalmente il cambiamento si può fare, lo sviluppo provinciale ne avrà grande beneficio, idee, programmi e realizzazioni segneranno l’alba nuova di una provincia destinata invece allo spopolameto e al sottosviluppo. Non è così. Quel cinque a zero del miracolo si rivela un grande bluff. Gli eletti sono persone degnissime, tra esse c’è anche chi per tradizione e familiarità ben conosce l’arte della politica, ma il risultato dopo quattro anni di rappresentanza parlamentare del territorio è davvero deludente. Serpeggiano nel Movimento i primi malumori, tra chi scappa e chi contesta le gestione politica in Irpinia. Il futuro diventa incerto e quel trasformismo che era stato denunciato dai pentastellati come uno dei mali irpini fa capolino anche tra i duri e puri alla ricerca di un seggio sicuro. E pensare che a qualcuno era venuto in mente di paragonare il successo dei pentastellati e la classe dirigente nata dall’operazione rinnovamento a quello che tra gli anni Cinquanta e fin quasi il Duemila aveva connotato l’impegno della Dc. In entrambi i casi il fattore determinante è stato il potere. Con una differenza: la classe dirigente democristiana irpina, nel bene e nel male, ha lasciato tracce della sua presenza, mentre quella dei seguaci di Grillo in Irpinia si avvia a dissolversi, come stelle cadenti, per quella novità che è venuta meno. Resta solo il potere effimero e clientelare di un residuo di legislatura.

di Gianni Festa