Il vero obiettivo del governo giallo-verde

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“Apres nous, le dèluge!” sospirava Madame de Pompadour tra le braccia del suo amante Luigi XV dopo una sconfitta per mano dell’esercito prussiano, avvisaglia molto anticipata per l’ancien regime che poco più di trent’anni dopo sarebbe stato travolto dai giacobini. Ci sono anche memorie del boudoir ad accompagnare la nascita del governo giallo-verde a cui fatti salvo imprevisti il presidente Mattarella potrebbe dare il via nella giornata di oggi.

Nella variegata gamma di sensazioni e commenti, prevale l’incertezza incentivata dalle stesse dichiarazioni di Di Maio e Salvini che a turno, e fino all’ultimo, hanno continuato ad utilizzare anche il podio delle consultazioni al Quirinale per continuare la campagna elettorale, dando precisamente l’idea di lavorare alla prossima. Dalla sottoveste di Madame, profetizzano che altro futuro per l’Italia non c’è se non nel contratto che hanno sottoscritto, come dimostrerebbero le “ingerenze” europee in verità egoisticamente preoccupate soltanto di dover pagare quelle che ritengono essere le cambiali in bianco firmate da Di Maio e Salvini: il “contratto” che hanno sottoscritto sarebbe per il colto e l’inclita un elenco di titoli prevalentemente generico che quando concretizza interventi rimanda alla spesa pubblica senza coperture certe: “Servirebbe Mago Zurlì”, ha detto nei giorni scorsi a Di Maio e Salvini uno dei professori interpellati come possibile premier.

Altri elementi di incertezza sono gli interrogativi su questo passaggio, sulla sua durata e sulle conseguenze che resteranno sul campo. Nel preambolo del contratto, le due forze politiche rivendicano la loro presente e futura alternatività anche nelle elezioni di condominio: al netto del rivendicato senso di responsabilità nei confronti del Paese e del voto degli italiani, significa che entrambi i partner non si fanno soverchie illusioni sulla durata della legislatura e rivelano che il comune percorso si fonda in realtà su questioni al momento tese a rafforzare prioritariamente le rispettive ragioni sociali e a rassicurare i propri bacini elettorali. Pur non tralasciando altri dettagli, come l’indicazione di un premier “non eletto” che prima era un impostore al servizio dei poteri forti e oggi è, come Marat, l’Amico del Popolo, non è detto che questi punti di incertezza finiscano per affermarsi.

Lo stesso governo che si avviano a far partire, per l’eterogenesi dei fini che si muovono su scenari più ampi, potrebbe ricevere inaspettati aiuti: il progressivo ridimensionamento della socialdemocrazia europea, l’interesse degli Usa di Trump a mettersi di traverso alla aspirazione fino ad oggi mancata, e caso mai resuscitasse, dell’unità politica del Vecchio Continente, il periodo di instabilità che coinvolge la Markel in Germania e Macron in Francia, potrebbero offrire molto filo e tutto gratis a Di Maio e Salvini. Che coltivano un progetto ben più ambizioso di quello che oggi viene loro contestato: diventare i due nuovi poli della politica italiana attraverso una sorta di prova generale che, con cinquecento nomine in attesa, costituirà il trampolino per insediarsi stabilmente nei gangli veri del potere.

di Norberto Vitale edito dal Quotidiano de Sud