Il voto e la crisi dei partiti

0
761

L’impreparazione complessiva – della comunità, dei partiti e degli stessi livelli istituzionali – verso le prossime elezioni politiche, rafforza il diffuso convincimento che la classe politica italiana è incapace di governare seriamente, non solo per la sua evidente mediocrità, ma anche per l’attuale assetto istituzionale dei poteri che impedisce ogni reale cambiamento, rendendo inutile il procedimento elettorale. È unanimemente riconosciuto che il corpo elettorale è la fonte originaria dell’indirizzo politico, sancita dalla Costituzione attraverso la garanzia della sovranità popolare. In ogni regime democratico, e quindi anche nel nostro, la funzione di indirizzo politico appartiene al popolo, il quale la deve esercitare con responsabilità e non poca capacità di discernimento, ammessa la possibilità di tale concreto esercizio. Il governo deve, dunque, rispettare e far valere l’indirizzo politico del corpo elettorale. Finita la bagarre delle alleanze, i partiti con un minimo di spessore culturale e politico, dovrebbero innanzitutto chiarire agli elettori, con pazienza e spirito veramente democratico, questa loro preziosa e fondamentale funzione per farla pienamente esercitare, rifuggendo definitivamente dalle tentazioni di disertare le urne. Purtroppo il nostro ordinamento, svilito dalla estrema frammentazione dei partiti, non favorisce la preziosa regola dell’alternanza, attraverso un concreto e fecondo bipartitismo, incarnato da figure politiche capaci, disponibili all’ascolto dei bisogni più emergenti del tessuto sociale. In realtà, in occasione dell’elezione del Parlamento, la comunità vota per i partiti in quanto tali, anziché per i suoi migliori rappresentanti, secondo discutibili distinzioni ideologiche sempre più anemiche e incapaci di veicolare un discorso di credibile spessore politico e programmatico. A loro volta i partiti sono sottoposti all’influenza dei gruppi di pressione, capaci di influenzare le scelte, certamente lontane dagli obiettivi di pubblico interesse. Da questo quadro negativo è impensabile ipotizzare un reale cambiamento della politica e non c’è da meravigliarsi che gli attuali esponenti della democrazia rappresentativa – pur con la mutilazione della diserzione delle urne – hanno fatto di tutto per assicurarsi poltrone e prebende. All’interno di questa pericolosa palude la tentazione del populismo e la promessa di usare metodi “forti” per risolvere i problemi può rivelarsi pericolosa per quel che resta della struttura democratica del nostro Paese. Parlare chiaro, dunque, sapendo che siamo interconnessi con l’Europa e con tutto il mondo economico e finanziario e ogni evento catastrofico – guerra e pandemia – costringe a pagare sempre i più deboli. È una triste dinamica, questa, che non potrà continuare all’infinito.

di Gerardo Salvatore