In morte del “Gesualdo” 

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Ciò che sta accadendo al teatro “Gesualdo” è a dir poco paradossale. E, comunque, è la spia di un malessere che attraversa la città e la provincia. Detto in soldoni l’Irpinia sta cambiando pelle. Da una parte s’impone il potere del cemento, dall’altra oscuri poteri di controllo che manovrano per mettere le mani sulle istituzioni. In realtà c’è un terzo soggetto, rappresentato da un potere residuale che non si rassegna alla sconfitta e si arrampica sugli specchi pur di non rinunciare a piccole mance. Tutto si muove nell’ambito di un clientelismo becero che esclude la società civile e premia i trasformisti di ieri e di oggi.

Tutto nasce, per la maggior parte, dall’esplosione identitaria del partito democratico che avendo messo insieme ambizioni personali e progetti di controllo del potere, ha favorito aggregazioni spurie al limite del pudore. La crisi del teatro Gesualdo, e le controverse vicende che hanno caratterizzato la non gestione di oltre un anno, ha anche questa chiave di lettura.

Alcune domande s’impongono. Perchè per la maggiore istituzione culturale della città la rappresentanza parlamentare si è tenuta in disparte? Perchè il sindaco di Avellino, nonostante nomine di consulenti e commissari, non è riuscito ad andare alla radice del male, promuovendo, invece, chi, con un preciso obiettivo, si è speso, cambiando casacca, per consegnare il teatro a poteri oscuri, sempre più invasivi in provincia e in città? Così il teatro Gesualdo da bene comune si avvia a diventare merce di scambio della malapolitica.

Tralascio qui di affrontare il problema del personale che, pur avendo mantenuto in vita il “Gesualdo”, oggi si vede sbattuto fuori perché non rispondente ai criteri di appartenenza degli oscuri manovratori. Per evitare che questo accada occorre allora una grande mobilitazione della società civile, delle associazioni, del volontariato, dell’informazione onestà e trasparente e della chiesa che ha già dimostrato di non voler girare le spalle di fronte a importanti questioni sociali. Solo così il cuore del teatro può continuare a battere.

di Gianni Festa edito dal Quotidiano del Sud