In ricordo di padre Franco

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2006
Praying woman hands

In questi giorni di un maggio anomalo, particolare, che apre all’interiorità, il pensiero non può non andare a don Franco Ratti, scomparso il 9 maggio del 2011, per la singolarità della sua storia e della sua vicenda umana e spirituale, ancora da scoprire nei suoi aspetti più profondi e complessi. Padre Franco trascorreva le sue estati in Irpinia, di cui amava le distese verdi, lo sprofondare dello sguardo nei campi di grano, nelle piane del Formicoso, tra le pale eoliche mosse dal vento e l’intermittenza delle lucciole, ad agosto. Nove anni fa, nella sua amata Monopoli, dopo 284 giorni di digiuno dai cibi solidi e dai farmaci anti-infarto, nutrendosi solo ed esclusivamente del pezzettino del pane Eucaristico, ha terminato la sua esistenza terrena, contrassegnata dal suo amore profondo per Cristo, per la Chiesa, per un’umanità piagata e sofferente, assetata di Dio. Come ha scritto la giornalista Mariangela Mastronardi, ricordandolo nell’anniversario della sua scomparsa: «Franco Ratti, allievo di mons. Carlo Ferrari e dei gesuiti, laureatosi in Filosofia della Storia, con Emanuele Severino e Italo Mancini, all’Università Cattolica di Milano, è stato uno strenuo difensore della primavera ecclesiale annunciata dal Concilio Vaticano II. Ha sofferto tanto nel vedere mortificati i frutti del Concilio e in tutti i suoi scritti, rintracciabili nel sito internet www.mocova.org, ha sempre mirato a sollevare l’attenzione su alcuni temi nevralgici come la destrutturazione del papato, la semplificazione e coralizzazione della Messa sempre più Cena, il ruolo comprimario delle donne rispetto agli uomini e dei laici rispetto al clero nella comunità cristiana. Il suo costante e appassionato richiamo al discernimento e alla sinodalità, avrebbe potuto riconsegnarci una Chiesa che sa avere visioni e profuma di futuro. Dal marzo 2013, la riforma della Chiesa auspicata da don Franco è evocata dai gesti e dalle parole di papa Francesco che, con coraggio, ha ripreso la sfida del ritorno a una chiesa evangelica tanto da riproporre la locuzione latina Ecclesia semperreformanda est, quale generatrice di una chiesa inclusiva e della misericordia.».Padre Franco ammirava la semplicità dei luoghi e delle persone, con cui amava discorrere, con estrema naturalezza, anche di temi teologici alti, incarnandoli nel sentire e  nella mentalità di chi gli stava di fronte. Non era estraneo alle vicende che coinvolgevano anche il clero locale, infatti, era spesso intervenuto, con comunicati stampa, anche a sostegno di don Vitaliano Della Sala, nei momenti in cui era stato attaccato per le sue posizioni. Sempre attento ai movimenti della storia, ai cosiddetti segni dei tempi, la sua profonda spiritualità gli permetteva di leggere e di decifrare con acutezza, il dipanarsi degli avvenimenti. Avrebbe forse letto questo tempo pandemico, come kairos, come tempo intessuto anche di grazia, per tanti in cerca di un senso più profondo e più alto, da dare alla propria esistenza. Intanto, i suoi semi di verità e di amore hanno fatto sbocciare fiori di miracolose primavere.

Vera Mocella