Incantenata al letto, ridotta in Appello la pena per i genitori carcerieri di Aiello

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Segregata in casa e incatenata al letto, ridotta la pena per i genitori carcerieri di Aiello del Sabato. In primo grado furono inflitti 14 anni di reclusione alla madre e 12 anni al padre. I giudici della Corte di Appello di Napoli hanno leggermente ridotto le condanne a 12 anni e 4 mesi per la donna e a 10 anni di reclusione per l’uomo, che rimane a piede libero.

L’avvocato, Francesco Bonaiuto ha discusso il ricorso  dinanzi ai magistrati della corte di appello proponendo questioni di diritto. Questioni accolte in parte e dunque preannuncia di presentare, tra 90 giorni, il ricorso in Cassazione.

I due genitori   sono accusati di maltrattamenti nei confronti della figlia lesioni personali aggravate” e “sequestro di persona”, commessi nei confronti della propria figlia convivente, 21enne .La madre fu condannata   in primo grado a 14 anni per la madre  e il padre a  12 anni e 4 mesi . La richiesta da parte del Pubblico Ministero Paola Galdo fu  di  anni 16 di reclusione per la madre della vittima e, ancora, di anni 14 per il padre.  Assolti invece  per  istigazione al suicidio con la formula “non costituisce reato”. La madre, fu sottoposta alla misura cautelare in carcere, dove è tutt’ora rinchiusa, mentre per il padre scattò il divieto di avvicinamento alla casa famiglia e alle persone offese.

La coppia è accusata di aver messo in pratica maltrattamenti reiterati per anni nei confronti della 21enne. La ragazza, rinchiusa praticamente dal 2018, quando aveva tentato la fuga era stata ritrovata e rinchiusa dalla madre, senza che nessuno dei familiari si potesse opporre. Minacce al padre e agli altri fratelli di cacciarli di casa. Un racconto dell’orrore quello raccolto nelle quattordici pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip del Tribunale di Avellino Marcello Rotondi, che aveva disposto l’arresto nei confronti della mamma-carceriera della ventunenne, che era diventata la sua aguzzina. Prima costretta a fare da serva in casa, senza potersi lavare, poi dalla maggiore età le catene. La sua unica colpa, almeno dalle dichiarazioni della stessa vittima e della sorella era quella di portare il nome dell’odiata nonna paterna. Stando agli accertamenti dei carabinieri, la ragazza era tenuta legata con una catena a una ringhiera delle scale interne dell’edificio o al proprio letto. Fu la sorella della vittima a non poterne più, e a denunciare il caso.

Le indagini, svolte dai Carabinieri della Compagnia di Solofra con il supporto di personale specializzato del Comando Provinciale, hanno permesso di ricostruire, una storia di vessazioni e maltrattamenti fisici messi in atto da anni dalla 47enne nei confronti della figlia. Legata al letto con due catene strette alle caviglie e ai polsi, chiusa all’interno della camera al buio per tutto il giorno senza la possibilità di consumare i pasti insieme agli altri familiari e quando ciò avveniva, consentendoglielo solo e sempre in piedi, mangiando una sola volta al giorno a cena, quello che avanzava dal pranzo degli altri. Ma il quadro delle sevizie per la 21enne non era finito qui. La 21enne sarebbe stata vittima di tentata violenza sessuale da parte dei due fratelli: il 21enne è stato tratto in arresto l’altro, minorenne, è indagato a piede libero.   Il ventunenne è detenuto presso il carcere di Bellizzi Irpino dove durante l’interrogatorio di garanzia si è avvalso della facoltà di non rispondere.

 

La vittima delle violenze, insieme alla sorella minore, si trovano tuttora in una località protetta, mentre gli altri figli minori della coppia sono stati affidati ad una casa famiglia.