Incognita a Cinque Stelle

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Proprio nel momento in cui accentua la collocazione a sinistra del suo Partito democratico, Enrico Letta rischia di perdere il compagno di strada che avrebbe dovuto affiancarlo nella costruzione di una forza politica progressista, plurale, capace di guidare l’Italia oltre le secche del moderatismo degli anni Novanta e l’immobilismo dei governi tecnici alla Mario Monti. La crisi dei Cinque stelle sta privando il Pd di un alleato indispensabile per il dopo Draghi quando, secondo il segretario, la politica riprenderà il suo spazio e il rischio di un’involuzione conservatrice diventerà incombente. “Il nostro Paese va verso una maggioranza di destra – ha detto incontrando al Nazareno un gruppo di intellettuali d’area –; noi dobbiamo rovesciare la tendenza, sapendo che non si fa con piccoli giochi tattici, ma con un grande sforzo culturale”. Nello scambio di opinioni con i suoi interlocutori, riportato dalla “Repubblica”, un giornale che non nasconde le proprie simpatie per il nuovo corso democratico, non c’è traccia del travaglio che angoscia i grillini, segno di rispetto per il partner di governo ma anche di preoccupazione per i vistosi sbandamenti di quella che resta pur sempre la componente più consistente della maggioranza parlamentare. La partita fra Grillo e Conte non è ancora conclusa anche se un compromesso sembra alle viste, ma il rischio è che il dualismo non venga superato in via definitiva e che settori consistenti del Movimento tornino a dare ascolto alle sirene del massimalismo.

La lunga trattativa in Consiglio dei ministri sulla riforma della giustizia, pur conclusa con l’unanimità sulla mediazione proposta da Draghi, apre uno squarcio preoccupante sull’iter parlamentare di questo come degli altri provvedimenti necessari per garantire l’arrivo in Italia dei fondi europei indispensabili per il rilancio dell’economia. La dilatazione illimitata dei tempi della prescrizione era stata una bandiera giustizialista dei Cinque Stelle allora affiancati dalla Lega di Salvini; con la riforma Cartabia il processo penale trova una sua corretta dimensione, nella quale secondo la ministra, tutti si possono riconoscere. Secondo Letta è addirittura “un grande passo avanti”, un compromesso di cui si può essere “molto soddisfatti”. Ma subito partono i distinguo e si affastellano le riserve: il più drastico è naturalmente l’ex Guardasigilli Bonafede che accusa i suoi compagni di partito di avere annacquato “una battaglia durata dieci anni”, mentre dalla Bolivia Alessandro Di Battista invoca l’uscita dal governo. Ma a preoccupare è la valutazione di Giuseppe Conte, che giudica un’”anomalia” la soluzione trovata in Consiglio dei ministri, che “non può essere una vittoria per lo Stato di diritto”.

La partita si sposta alle Camere, e si dovrà concludere con un voto di fiducia. Quale sarà a quel punto il comportamento dei Cinque Stelle? E il ruolo di Giuseppe Conte, ancora oggi impegnato nel braccio di ferro con Grillo? Ieri l’ex presidente del Consiglio è tornato a legare il proprio futuro come leader del Movimento alla definizione di “un quadro di principi molto chiaro”. Sulla giustizia, a quanto pare, non ci siamo. E, più in là, l’incognita sull’evoluzione dei Cinque Stelle compromette la possibile intesa su un nome condiviso per la successione di Sergio Mattarella al Quirinale.

di Guido Bossa