Indifferenza Virus deleterio

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Non saranno certamente le accuse da più parti lanciate o i lumini accesi in consiglio comunale per la morte di Angelo a lavarci, come intera comunità, la coscienza. Siamo tutti noi, ciascuno in ragione del proprio ruolo o ambito relazionale di appartenenza, a non aver fatto quel minimo necessario per costruire legami, valori, percorsi, azioni concrete per configurarci come comunità di persone in cammino sulla via maestra della solidarietà, dell’impegno quotidiano verso le vecchie e nuove povertà. L’indifferenza costituisce, ormai, il virus deleterio che, ritualmente, sfocia nell’accusa o nella protesta verso coloro, certamente responsabili degli avvenimenti accaduti, come se al raggiungimento di certi livelli di responsabilità non avessimo concorso direttamente pure noi con l’esercizio del voto. Certamente le parole e le azioni concrete di Papa Francesco, le dure parole di Padre Francesco Benincasa della parrocchia del Rosario di Avellino, vanno recepite e tradotte in comportamenti civili e cristiani coerenti con le declinazioni, spesso senza senso compiuto, di società civile e cristiana. In momenti come quelli che stiamo vivendo, trascorsa qualche settimana e smorzata la nostra facile commozione, non dobbiamo dimenticare che la chiave di lettura di quando disumanamente accade è da ricercare nella diffusa concezione di un realtà comunitaria fatta a proprio uso e consumo. Il problema è indubbiamente culturale perché la cultura delle nostre piccole comunità è quella a più ampie dimensioni, nazionali e comunitarie, è costellata di fulgide figure esemplari ed opere altamente significative sull’orizzonte umano, solidale e spirituale. Allora il problema è diventato deficit culturale perché nelle famiglie, nelle scuole, nelle parrocchie, in alcune realtà del volontariato, non si formano più le coscienze all’esercizio, attivo e responsabile, della concreta solidarietà. Abitare la città è diventato solo la mera elencazione dei bisogni materiali di servizi per una "migliore" qualità della vita, senza pensare ai tanti bisogni, spesso invisibili, tali solo perché l’indifferenza non ci fa vedere oltre un palmo dal nostro naso. All’inizio di questo nuovo anno il gelo atmosferico non accresca il già gelido egoismo delle nostre coscienze: riscopriamo tutti la bellezza di essere persone, di essere un popolo in cammino, non una massa di individui atomizzati, ma una comunità capace di aiutarsi a vicenda e guardare al futuro, senza paure e senza egoismi.
edito dal Quotidiano del Sud