Ingiurie nella religione cattolica, nell’Islam e in uno stato laico

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Si parla tanto di bullismo e di come sradicarlo dalla nostra società, tutti lo condannano, ma quando si va a denunciarlo sembra che nessuno ti ascolti veramente fino a quando non si verificano episodi che lasciano un segno fisico. Solo allora si scuotono gli animi delle persone comuni e anche le norme del codice penale. Infatti, l’ingiuria, che era un reato previsto dal diritto penale italiano disciplinato dall’art. 594 è stato abrogato dal d.1gs del 7/2016, emanato dal Governo Renzi. Quindi, la fattispecie penale è stata sostituita da una sanzione pecuniaria civile, che può essere irrogata dal giudice civile solo all’interno di una causa di risarcimento per danni promossa dalla persona offesa. La norma, inoltre, specifica che la sanzione per l’ingiuria va da 100 a 8 000 euro nel caso di ingiuria semplice, mentre per l’ingiuria aggravata la sanzione va da 200 a 12 000 euro. Ma chi decide se l’ingiuria è semplice o aggravata? Il giudice sulla base della sua esperienza e sulla base del suo giudizio. Vale a dire se ritiene che la persona offesa sia degna di molto rispetto o di poco rispetto?  Forme anche queste di bullismo? Ma torniamo al tema del bullismo di cui nei giorni scorsi se ne è celebrata la giornata con lo scopo di difendere tutti i soggetti deboli che ne sono vittime. Persone delle quali se ne fa scherno, se ne abusa perché sembrano indifese, o solo molto perbene, per cui si è sicuri che non reagiranno in modo violento contro gli altri, ma anzi faranno ritorcere su se stessi le offese ricevute con atteggiamenti che manifestano depressione e angoscia. Le ingiurie che istigano al suicidio sono le più temibili, e il bullo si sente fiero di averle proferite e si sente ancora più forte se raggiunge lo scopo prefissato, così da provare che la forza delle sue parole e dei suoi atti hanno avuto un effetto e, quindi, dimostrano la sua superiorità. Inoltre, il bullismo di natura verbale intacca la psicologia della vittima in modo profondo, così come da definizione: “il bullismo è una forma di comportamento sociale di tipo violento e intenzionale, di natura sia fisica che psicologica, oppressivo e vessatorio, ripetuto nel corso del tempo da una o più persone che si  ritengono più forti della vittima.” Subiscono atti di bullismo soprattutto le persone abilmente diverse o gli adolescenti, particolarmente fragili nella loro età di passaggio. Ma, devo aggiungere che sono vittime di bullismo anche gli adulti quando si trovano davanti dei furfanti, i quali nella loro arroganza si sentono sempre superiori a tutti, ancora di più se sono donne grosse e robuste con fattezze mascoline contro donne minute e dall’aspetto signorile. Quando con ingiurie e maldicenze si offende l’onore e il decoro di una persona anche il codice penale parla di ‘delitti contro l’onore,’ un gruppo di reati classificati al Capo II del codice penale italiano (artt. 594-599) per la comune caratteristica di offendere attingendo il valore sociale della persona offesa. Le ingiurie e la diffamazione tolgono non solo dignità e decoro alla persona offesa, ma, come si diceva prima, possono avere un effetto deleterio sulla psiche. Il che è ancora peggio per le conseguenze psicologiche che ne possono derivare, conseguenze aggravate soprattutto dal fatto che la persona offesa potrebbe cadere in uno stato depressivo che la fa allontanare non solo dagli amici più cari, ma soprattutto anche dai familiari facendola chiudere in cerchio strettissimo. Papa Francesco, persona di grande spessore umano oltre che, ovviamente, di profondi sentimenti religiosi, enuncia spesso questo fenomeno nelle sue omelie della domenica. “Chi semina zizzania non è mai felice” dice e, poi continua, “… le chiacchiere hanno sempre una dimensione criminale. Non esistono chiacchiere innocenti, chi parla male degli altri imita il gesto omicida di Caino, uccide il prossimo e uccide Dio. Chi sparla è un ipocrita che non ha il coraggio di guardare i propri difetti; chi si lascia andare al pettegolezzo è un persecutore e un violento. I danni prodotti dalle ingiurie possono essere irreparabili. Controllare la lingua però non è facile, occorre chiedere la grazia della conversione dalla criminalità delle chiacchiere all’umiltà, alla mitezza, alla mansuetudine, alla magnanimità, cercando di ricorrere, al momento debito, alla preziosissima virtù del silenzio” (Messa celebrata a Casa Santa Marta nel giorno in cui ricorrevano i sei mesi dalla Sua elezione al soglio di Pietro).
Oggi, Papa Francesco è ritornato sull’argomento, e, esaminando il comandamento “non uccidere” ha detto: “Non solo l’omicidio vero e proprio viola, secondo Gesù, il comandamento “non uccidere”, ma anche i comportamenti contrari alla dignità della persona umana, quindi, anche le ingiurie rientrano in questo comandamento.” Poi aggiunge: “… certo, queste (le ingiurie) non hanno la stessa gravità e colpevolezza dell’uccisione, ma si pongono sulla stessa linea, perché ne sono le premesse e rivelano la stessa malevolenza. Gesù ci invita a non stabilire una graduatoria delle offese, ma a considerarle tutte dannose, in quanto mosse dall’intento di fare del male al prossimo. E Gesù dà l’esempio. Noi siamo abituati a insultare, è come dire buongiorno. L’insulto è sulla stessa linea dell’uccisione. Chi insulta il fratello, uccide nel proprio cuore il fratello. Per favore non insultare!” (7 sett 20014 13 guigno 2013). Oggi, all’Angelus Papa Francesco insiste ancora sull’argomento e dice: “Quando io sparlo, quando io spello un fratello con la mia lingua, questo è uccidere la fama dell’altro! Anche le parole uccidono!” (Angelus 12 febbraio 2017). L’Italia ha un codice penale e civile laico, e quindi le sue leggi sono regolate dagli uomini e cambiano a seconda dei tempi e dello stato d’animo delle persone.
Se vogliamo fare un confronto con l’Islam, dove invece le leggi degli uomini sono dettate dalla religione i cui principi si trovano enunciati nel Sacro Corano, ci rendiamo subito conto, a dispetto di tutti i pregiudizi che abbiamo verso i musulmani, che le leggi morali sono comuni a tutti gli esseri che agiscono seguendo la ‘Misericordia.’ Anche Allah è Misericordioso. Il Corano è la base sia della lingua araba che della religione e dello stato islamico. Il Corano non è solo per i credenti, i quali da esso traggono conforto alla loro fede, ma è anche la sola Legge, la sola guida per il retto comportamento religioso, morale e soprattutto civile. La perseveranza e la misericordia sono i cardini della fede islamica: “… quando subirete molte ingiurie … Siate perseveranti e devoti, ecco il migliore atteggiamento da assumere” (Ãl ‘Imr…n, 186); bisogna rendere “il bene in cambio del male (s. 23, 96). “Non siate cristiani di facciata dice Papa Francesco” e così nel Corano: “La salvezza di un individuo non si ottiene solo per mezzo della fede; anche le azioni rette, segno di una fede sincera, conducono alla salvezza dell’anima. Dire semplicemente “Io credo” senza adempiere a fondo ai comandamenti della religione, non è sufficiente a ottenere la salvezza: “Gli uomini credono che li si lascerà dire: «Noi crediamo» senza metterli alla prova? … Allah conosce perfettamente coloro che dicono la verità e conosce perfettamente i bugiardi ( Al-‘Ankabût, 2-3).
Alla luce di tutti questi principi, anche appartenenti a religioni che sembrano solo apparentemente distanti tra loro, mi sento di affermare che bisogna educare al rispetto degli altri fin dall’infanzia. Questo perché, oltre a seminare il bene per il prossimo, si fortifica il carattere del bambino, il quale si abituerà a stabilire un confronto leale con colui che gli è di fronte e non a mascherarsi e a nascondersi dietro facciate fragili e porose. Se ai bambini si insegna a schernire il prossimo o ad usare un linguaggio oltraggioso, soprattutto attraverso l’esempio degli adulti, non li si abituerà a sapersi difendere, al contrario li si abituerà ad usare solo l’aggressività per mascherare la loro debolezza. Al contrario, un confronto sincero costruirà un futuro individuo sicuro, il quale non avrà bisogno di sotterfugi per farsi capire e raggiungere alti traguardi. Sono vittima io stessa di bullismo da parte dei nani con fucile, dove ‘nani’ e ‘fucile’ sono due metafore comprensibili per chi conosce i fatti (vedi mercoledi 8 febbraio –sezione ‘Le lettere’ Ditelo al Quotidiano). La mia forza è la perseveranza e la lungimiranza della cultura, forze sconosciute a chi è solo ignorante ed invidioso.