Intervista a Vanessa Ledezma, figlia del leader d’opposizione venezuelano arrestato

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Intervista a Vanessa Ledezma Camero, figlia di Antonio, leader dell’opposizione venezuelana arrestato nei giorni scorsi.

Di Vincenzo Fiore

Vanessa, ci può raccontare di questi ultimi drammatici giorni per suo padre?
– Hanno preso mio padre con la forza, in pigiama e senza scarpe, e lo hanno portato via. Non abbiamo ancora notizie, i nostri avvocati stanno facendo di tutto per poter parlare con le autorità, ma non abbiamo avuto alcuna risposta. Perché non vogliono che nessuno veda mio padre? Hanno paura di mostrare la verità della loro barbarie. Mio padre è stato arrestato 29 mesi fa (il 19 febbraio 2015), e non ha avuto ancora alcun processo e alcuna condanna.

Teme che suo padre possa essere sottoposto a tortura?
– Ho molta paura, sono capaci di qualsiasi cosa. Il governo attuale non è altro che una dittatura sanguinaria. Negli ultimi tre mesi, a coloro che chiedevano libertà hanno risposto con la repressione, sparando ad occhi chiusi su degli innocenti.

Per alcune fazioni politiche italiane Maduro è un esempio di leader carismatico da seguire, cosa ne pensa?
– Hanno la fortuna di non sapere cosa significhi vivere in una dittatura. Queste persone non si rendono conto di elogiare un assassino. Maduro non ha nulla da invidiare a Hitler o a Stalin, si tratta dello stesso pensiero criminale. Fortunatamente, in Italia abbiamo avuto il sostegno di molti esponenti della politica sin dal 2015.

Secondo alcune fonti il Venezuela verserebbe in una condizione economica disastrosa.
– Vero. È la peggiore crisi della sua storia. Stiamo lottando una vera e propria guerra fra bene e male. L’inflazione è salita ormai all’800%. Alcuni amici mi mandano foto di supermercati vuoti, mancano i beni primari e la gente muore di fame. Per non parlare delle farmacie, non si trovano medicinali di alcun tipo. Nemmeno una banale tachipirina è possibile avere. Uomini e donne che avrebbero bisogno di chemioterapie o cure per la dialisi vengono lasciate morire nell’indifferenza della politica. Eravamo uno dei paesi più ricchi del Sud America, ora siamo il più povero.

Lei vive ormai in Italia, si è tratta di un esilio politico?
– Un esilio dovuto soprattutto per motivi di sicurezza, per scappare da tutte le minacce del governo rivolte alla mia famiglia. Ho due bimbe e devo pensare alla loro incolumità. Poi ci sono molti altri fattori, come quella della mancanza di lavoro. Mio nonno era italiano, originario di Grottaminarda in provincia di Avellino. In un certo senso sono legata anche all’Italia, ma il mio cuore, in questo momento, è come se fosse in Venezuela.

Come immagina il Venezuela fra dieci anni?
– Un paese rinato, democratico e nuovamente prospero. Un paese nel quale tutti noi che siamo stati costretti a partire, potremmo un giorno ritornare.