Joe Biden al Congresso: “Tassare l’1% dei più ricchi”

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Di Matteo Galasso

“Ho ereditato un Paese in crisi, ora gli Stati Uniti sono di nuovo in cammino”: così, a 100 giorni dal suo arrivo alla Casa Bianca, il Presidente Joe Biden parla alle due Camere del Parlamento americano in seduta congiunta, riassumendo quanto fatto in questi primi mesi del nuovo governo a trazione democratica da lui guidato e illustrando i suoi piani per il futuro del Paese.

Dalle promesse sul clima, agli aiuti alle famiglie, passando per la lotta al Covid-19 e alla campagna vaccinale appare evidente che il discorso del 46° presidente degli Stati Uniti delinei un quadro di fatto orientato al sociale e alla tutela dei più deboli, segnando un profondo distacco rispetto alla precedente amministrazione. Nel suo discorso Biden ha parlato di razzismo, riferendosi all’omicidio di George Floyd e legandosi anche a un piano sull’immigrazione, di politica estera, sottolineando la sua intenzione pacifica nei confronti sia della Cina sia della Russia, delineando che gli interessi comuni debbano essere discussi insieme e senza divergenze concentrandosi sul ritiro delle truppe statunitensi attualmente in Afghanistan. Ha inoltre guardato con preoccupazione agli armamenti nucleari in espansione in Iran e Corea del Nord. Riguardo la pandemia, osservando i progressi fatti nella campagna vaccinale e rivendicando i risultati positivi raggiunti finora, ha ribadito il suo obiettivo di raggiungere l’immunità dei cittadini simbolicamente entro il 4 luglio, giorno dell’Indipendenza.

Il punto principale del discorso del Presidente Biden riguarda sicuramente il piano di investimenti che sta per essere messo in atto negli Stati Uniti, volto a colmare quasi del tutto il divario economico e la disuguaglianza sostanziale, fino ad ora caratteristiche del modello liberale statunitense, garantendo a tutti i cittadini le stesse possibilità. In questo modo verranno sicuramente migliorate le condizioni di vita di tutti coloro che appartengano a fasce della popolazione medio-basse, che non sono mai state aiutate dallo Stato. Il leader dei democratici americani ha fatto uscire il Paese da una situazione di totale mancanza di controllo e si dichiara ora pronto a progettare il futuro di un’America sociale, più giusta e meno disuguale.

Alcuni politici statunitensi, tra cui lo stesso Biden, considerano questo piano di rilancio socio-economico come il più grande dalla Seconda Guerra Mondiale, paragonabile solo al New Deal di Roosevelt, che aiutò il Paese a risollevarsi dalla crisi provocata dalla depressione economica degli anni Trenta che seguì il martedì nero del 1929. Il piano, che consiste in più di 4000 miliardi di dollari di fondi, si soffermerà in parte sulla creazione di nuove infrastrutture e nuovi servizi di welfare con l’American Jobs Plan da 2300 miliardi, in parte, con l’American Rescue Plan da 1900 miliardi, ridarà slancio all’economia del Paese, devastata dall’emergenza sanitaria che da più di un anno ha strappato più di 500 mila vite.

La parte più ambiziosa e innovativa del piano di Biden, dal quale l’intero Occidente democratico e soprattutto i partiti più progressisti e socialisti dovrebbero prendere spunto, resta quella dell’American Families Plan, introdotto solo due giorni fa. Un programma di più di 1800 miliardi che si riferisce alle classi lavoratrici e si basa sulla parità dei diritti sociali, non più in base alle disponibilità economiche.

Biden ha parlato di redistribuzione delle ricchezze e abbattimento delle disuguaglianze. Fornire uguali possibilità a tutti i cittadini di un Paese permette a tutti di avere le stesse possibilità di curarsi e studiare, cosa che ci verrebbe da considerare basilare in uno Stato democratico e non oppressivo. Il piano prevede circa 1000 miliardi dedicati a sostegno dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria e dell’infanzia e 800 miliardi per attuare una serie di detrazioni fiscali rispetto alle famiglie del ceto medio-basso, che più di tutti hanno risentito della crisi economica. A loro e ai loro figli saranno garantiti più diritti, oltre all’accesso a una serie di servizi che prima costituivano per loro spese altissime o insostenibili.

Ciò che più ha fatto scalpore rispetto al piano è che i fondi verranno ricavati in parte anche dall’aumento delle tasse su grandi aziende e super-miliardari, considerati amici dal precedente governo, ma costretti ora, finalmente, a dare il giusto, in proporzione a quanto detengono (si pensa a una percentuale compresa tra il 37% e il 40%). La premessa che segna la svolta è quella che lo Stato non tasserà patrimoni al di sotto dei 400.000 dollari, lasciando illeso il ceto medio-alto da questa tassazione.

Questo progetto dovrebbe rappresentare il modello sul quale far “girare” l’economia dei Paesi più sviluppati, in modo da rimettere in moto una serie di meccanismi oggi in grande difficoltà perché particolarmente danneggiati dalla pandemia. In molti non vedono nella tassazione dei megapatrimoni la soluzione rispetto a un ceto medio che diventa sempre più povero e a una ristretta cerchia che diventa sempre più ricca. Di fatto, però, assumere questa posizione permetterebbe ai Paesi occidentali di raggiungere l’uguaglianza che tanto rivendicano le politiche di centro-sinistra, ma dalla quale si allontanano sempre di più.

Se l’intero mondo occidentale non riesce a farsi promotore di un abbattimento reale delle disuguaglianze all’interno dei suoi confini, non potrà più porsi come baluardo della libertà e alternativa rispetto alle autocrazie e oligarchie autoritarie che prendono sempre più piede in tutti quei Paesi in cui le disuguaglianze sociali proliferano a tal punto da sfociare nel disordine sociale e nella mancanza di un’autorità che sia in grado di mantenere il controllo. Il Presidente Biden ha poi concluso il suo discorso affermando che è ”necessario provare che la democrazia funzioni ancora” delineando un modello di sviluppo e di governo che non può e non deve riguardare i soli Stati Uniti, ma deve innovare il modello di democrazia già presente nelle maggiori potenze occidentali, orientandolo a una politica sociale a difesa delle fasce più deboli della popolazione.