La carta vincente di Gentiloni

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I violentissimi attacchi che Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera ed esponente di punta del Movimento Cinque Stelle, ha lanciato nei giorni scorsi contro il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, lungi dal prefigurare una crisi imminente dell’esecutivo, ne certificano non solo l’esistenza in vita ma anche uno stato di relativa buona salute, peraltro confermato dalle iniziative assunte per fronteggiare alcune emergenze sociali e prepararsi ad appuntamenti internazionali cui l’Italia è chiamata nelle prossime settimane. Contro il governo, Di Maio è partito a testa bassa, senza risparmiarsi anche qualche sgradevole volgarità, come quando sul blog di Beppe Grillo ha scritto che “la camomilla a un malato terminale fa lo stesso effetto di Gentiloni all’Italia di oggi”. Ma poi ha raggiunto l’acme nell’intervento alla Camera alla vigilia del vertice europeo di giovedì, quando ha descritto l’Italia come un impero sull’orlo della crollo: “Lei è l’ultimo premier dell’era dei partiti. Avete provocato danni al pari di una Guerra mondiale”, ha esclamato non senza enfasi. A parziale scusante dell’oratore si può solo notare che Di Maio è troppo giovane per sapere in quale stato veramente comatoso si trovasse l’Italia alla fine degli anni ’40 (e forse non ha neppure letto qualche buon libro di storia), ma il punto non è questo. Il fatto è che l’assalto dialettico del candidato premier dei 5 Stelle maschera la consapevolezza del fatto che nonostante tante funeste previsioni l’ultimo governo della legislatura è destinato a durare fino al prossimo anno, deludendo quanti speravano di poter capitalizzare con il voto anticipato il consenso finora maturato ma solo presunto. Non a caso l’appello al voto subito è sempre la conclusione delle tirate propagandistiche di Di Maio, così come lo è per le iniziative altrettanto propagandistiche del capo della Lega Matteo Salvini. Di contro, si può rilevare che all’anticipo elettorale ha ormai rinunciato Matteo Renzi, mentre Silvio Berlusconi si è sempre dichiarato contrario. La spiegazione ha una sua logica. Il leader di Forza Italia ha bisogno di tempo per riconquistare il tradizionale ruolo di federatore di un centrodestra che al momento appare quanto mai diviso, mentre il Pd, che Renzi lo voglia o meno, si trova in mezzo al guado di un congresso dall’esito incerto, che ne paralizza l’iniziativa politica verso l’esterno. C’è una spiegazione anche per l’irruenza dei Cinque Stelle, che da una parte sono premiati dai sondaggi su scala nazionale, ma dall’altra sono insidiati dal sempre più evidente fallimento della giunta di Roma, dove stanno dando una prova palese della loro incapacità di governare. Insomma, anche per loro starebbe per iniziare la parabola discendente: di qui il tentativo di puntare tutto sulla destabilizzazione del quadro politico per passare subito all’incasso. E’ in questa situazione che il presidente del Consiglio ha cominciato a giocare le sue carte, puntando invece sulla indispensabilità dell’azione del governo, cui non viene meno la fiducia e l’incoraggiamento del Capo dello Stato. E’ quasi pronto il decreto che dovrebbe depotenziare le ragioni del referendum sui voucher, evitando un voto popolare che avrebbe chiari effetti sismici sul sistema; mentre è allo studio un’iniziativa di decontribuzione per i giovani neoassunti, destinata a rinvigorire gli effetti del jobs act sul mercato del lavoro. Su un altro piano, non meno insidioso, il governo si è messo al riparo dalle ripercussioni negative dell’inchiesta Consip, garantendosi i consensi necessari per respingere la mozione di sfiducia contro il ministro Lotti senza dover far ricorso a sostegni esterni alla maggioranza. Infine l’Europa. Gentiloni ha riconquistato una posizione di guida nel progetto di rilancio dell’Unione, partecipando al vertice a quattro di Parigi, antipasto della solenne cerimonia per i 60 anni dei Trattati di Roma (25 marzo) che vedrà l’Italia protagonista. Insomma, il capo del governo va avanti con il suo stile sobrio, così diverso da quello perennemente sopra le righe dei Cinque stelle e della Lega, ma concreto ed efficace. Nel suo partito, si può pensare che Matteo Renzi cominci a soffrire la coabitazione, ma in questo momento non può far nulla in quanto impegnato nella corsa per le primarie (30 aprile). E intanto a palazzo Chigi Paolo Gentiloni gioca le sue carte. E il tempo gioca a suo favore.
edito dal Quotidiano del Sud