La città e il sogno di Rubilli

0
1376

Così prendeva forma il progetto di una casa per anziani

 

Nel 1936 Avellino e la sua provincia stavano vivendo un gran momento sotto tutti i punti di vista. La casa di riposo per anziani senza mezzi stava per diventare realtà nel Capoluogo e grazie all’Onorevole avvocato Alfonso Rubilli che il 31 gennaio 1933 con una lettera diretta al Podestà di Avellino, manifestò il suo intento  di rendere onore alla memoria della madre, offrendo la bella somma di lire 600.000 da destinare appunto alla costruzione di una casa di riposo per gli anziani indigenti di tutte le età e condizione sociale. Questo atto d’amore del Rubilli raccolse larghi consensi in città: finalmente si vedeva realizzata l’aspirazione ad una forma di assistenza largamente sentita. L’Onorevole Rubilli espresse il desiderio che l’istituzione sorgesse su di un’area idonea che il comune doveva acquistare in quanto con una apposita convenzione al comune sarebbero poi state devolute la proprietà  e l’amministrazione del ricovero. Così il comune per assecondare la nobile iniziativa del Rubilli, scelse un’area che era sita lungo il viale Regina Margherita e di proprietà di Edoardo de Ruggiero e pose ogni cura per la sollecita redazione del piano di massima e del piano parcellare, necessari al conseguimento della dichiarazione di pubblica utilità  dell’opera, essendo riuscite infruttuose le trattative avviate per un amichevole acquisto del terreno. I piani, insieme con il progetto del costruendo edificio  furono adottati con una deliberazione podestarile datata primo maggio 1933. Naturalmente a tale domanda per ottenere la pubblica utilità ci fu il reclamo del proprietario nel dicembre dello stesso anno. Anche se questo primo ricorso fu dichiarato irricevibile in rito, perché intempestivo, creò comunque ritardo alla fase iniziale della procedura di espropriazione fino al 28 giugno 1934 che è la data del decreto Reale  dichiarativo della pubblica utilità dell’opera. Sembrava fatta ma non fu così, perché il De Ruggiero con atto notificato il 16 ottobre 1934 al Ministero dei Lavori Pubblici e il 17 successivo al Podestà di Avellino, impugnò il provvedimento dinanzi al Consiglio di Stato. Cosi si dovette attendere, il decreto prefettizio del 16 aprile 1935, che pronunziava l’espropriazione di quel terreno. Sembrava finita lì ma non era affatto finita  perché il De Ruggiero con un altro atto, notificato al Prefetto e al Podestà riuscì ad impugnare anche questo secondo decreto e così riuniti  i ricorsi, per motivi procedurali, furono ambedue respinti  dal supremo Consesso amministrativo con decisione del 21 gennaio 1936, pubblicata all’udienza del 19 febbraio, notificata alla Prefettura in data 26 marzo e al comune il successivo giorno 30. Finalmente si metteva la parola fine a una vicenda lunga e che ritardò per tre anni l’inizio dei lavori. Per quello che riguardava la disciplina dei rapporti tra il comune e l’Onorevole ma davvero, onorevole Signor Rubilli, si provvedette mediante uno schema di convenzione che fu adottato dal Podestà con atto deliberativo del 2 maggio 1936 e in seguito approvato dalla Giunta provinciale amministrativa  nell’adunanza del 13 successivo. Ecco una descrizione dell’opera a pochi giorni dall’inizio dei lavori: "sorgerà non lontano dal centro cittadino e comprenderà tre piani, di cui quello rialzato sarà destinato, oltre che ad una cappella, a refettorio, ad infermeria ed alloggio del personale di assistenza, mentre gli altri due piani saranno adibiti ad abitazione dei ricoverati. Nel piano seminterrato verranno sistemati i vari servizi: Cucina, lavanderia, impianti di riscaldamento e depositi. Lo stabile, che avrà m. 47 di fronte per metri 14 di profondità, consentirà il ricovero di oltre cento persone, si adornerà  nella facciata anteriore di linee sobrie e decorose e sarà circondato di alberi ed aiuole, che renderanno ancora più gaia e ridente l’amena località. Nella spesa preventivata in lire 674.688 e’ compresa l’indennità di lire 74.688 stabilita dal perito giudiziale per l’espropriazione di mq. 10.160 di area. Con la costruzione della Casa di riposo, la città di Avellino si arricchisce di un nuovo e moderno edificio, ma soprattutto di un’istituzione benefica che, mentre segna una tappa notevolissima nel progresso civile e sociale dell’Irpinia, ricorderà perennemente anche alla gratitudine dei posteri  il munifico e benefico fondatore". Cosi Avellino si arricchiva sotto l’aspetto della carità e del soccorso ai bisognosi e così anche la costruzione di un Ospedale provinciale consorziale andava avanti senza nessuna interruzione. Il consorzio era presieduto con animo operoso e indefesso dal Preside della Provincia on. comm. Di Marzo. Nonostante la direzione del Banco di Napoli informato che le condizioni del mercato monetario non consentivano più la concessione del mutuo di lire 2.500.000, al tasso di lire 4.50% e che l’interesse doveva essere elevato al 5.50%, si era resa necessaria la modificazione del piano di ammortamento e il conseguente aumento dell’aliquota per abitante, elevandola da lire 0,242 a lire 0.285, questo determinò le corrispondenti variazioni delle deliberazioni podestarili di adesione. La quota annua di ammortamento del mutuo, estinguibile in trenta anni, già prevista in lire 150.651, col tasso del 4.50%, era stata elevata col tasso del 5.50%, a lire 168.198,96. Ma adesso andiamo alla data 8 gennaio del 1935, quando fu bandito il concorso nazionale tra ingegneri ed architetti iscritti ai relativi albi professionali. Nel bando furono prescritte minutamente tutte le suddivisioni ed i reparti del futuro Ospedale, per la capacità totale di 100 letti. Fu però chiesto ai concorrenti che il progetto fosse tale da potersi ampliare fino a 200 letti. Per quello che riguardava la scelta del terreno, dapprima fu quella che giace lungo la strada provinciale irpina che collegava Avellino a Benevento a un chilometro di distanza dalla piazza della Libertà. Il terreno in questione era costituito da un appezzamento quadrato, che aveva per lato metri 120, Con una estensione di circa ettari 1,44. Un lato di detto appezzamento fronteggiava la strada provinciale, mentre gli altri tre lati confinavano con le adiacenti proprietà private. Il 5 maggio 1935, con la proroga del termine di presentazione del progetto del 31 agosto dello stesso anno fu modificato il primo bando, perché a garanzia dell’ente e degli stessi concorrenti, si prescrisse che i progetti fossero contrassegnati da un motto, anziché dalla firma dei concorrenti, e perché nella planimetria allegata al bando era occorso un errore di stampa che poteva dar luogo ad equivoci nell’interpretazione della planimetria stessa. Più gravi ragioni imposero, successivamente, una seconda radicale modifica del bando di concorso. Il primitivo bando, infatti, prescrivendo un frazionamento eccessivo dei vari reparti e servizi e imponendo ai concorrenti una soluzione troppo circoscritta avrebbe forse impedito che il concorso conseguisse il suo scopo precipuo e cioè la possibilità della scelta di un complesso organico, frutto di idee originali logicamente ed armonicamente sviluppate. Il numero dei letti prescritti, pur con la clausola della possibilità  di raddoppiamento, non si presentava inoltre ad una soluzione confacente. Di fronte alla rilevante popolazione della provincia, il numero di cento letti era troppo esiguo, per questo motivo sarebbe stato un necessario aumento della capacità dell’Ospedale. Per questo motivo si chiedeva un progetto che prevedeva 200 letti, salvo la costruzione di una parte per cento letti in un primo tempo, sopportando all’inizio un’eccedenza di servizi, anziché fare allestire un progetto per cento letti ed avere poi, ad ampiamento avvenuto, un insieme poco organico e servizi deficienti. Così si dovettero apportare ancora delle modifiche al bando, nel giugno del 1935 i concorrenti furono avvisati di una proroga al 31 dicembre 1935. Una volta scelto il terreno, venne redatto il bando definitivo, con scadenza al 29 febbraio 1936. In questo ultimo bando, veniva richiesto ai concorrenti 200 posti letto e divisi in quattro reparti: Medicina, Ostetricia, Ginecologia e Pediatria. L’area per la costruzione venne scelta fra i terreni a nord del viale Regina Margherita e consta di oltre 20.000 metri quadrati, aveva forma rettangolare allungata, con il lato maggiore lungo oltre 200 metri, rivolto a mezzogiorno, in modo da conferire al costruendo edificio la migliore esposizione. La vicinanza al viale Regina Margherita, la zona pianeggiante, la favorevole esposizione, la ricchezza delle strade di accesso, la comodità dei servizi idrici ed elettrici, nonché la facile eliminazione delle acque di rifiuto, fecero si che l’area scelta fosse la più idonea per la costruzione del Nosocomio in questione e che sarebbe sorto a 90 metri dal ciglio stradale. Allo scopo di assecondare numerosissime richieste di concorrenti, che desideravano maggiore tempo per studiare nei minimi particolari il progetto, si arrivò ad un’altra proroga del bando di concorso, fissandone la scadenza al 31 marzo 1936. Così in quella data pervennero presso il consorzio ben 23 progetti. Un lusinghiero risultato, che da una parte ricompensava l’ente dell’opera spiegata perché il bando, attraverso le successive modifiche, fossero sempre più adeguate oltre che ai bisogni ospedalieri anche alle aspirazioni dei concorrenti, lasciava d’altra parte sperare che fra i progetti non mancasse quello pienamente degno d’esecuzione. La larga partecipazione al concorso con aspiranti da tutte le città della nazione lusingò e non poco quelli del consorzio, tenendo conto anche del fatto che pochi giorni prima si era chiuso un analogo concorso per Ravenna, con la partecipazione di soli sei concorrenti. I progetti redatti tutti con grande serietà tecnica ed improntati anche nella parte esteriore alla più schietta modernità, furono sottoposti all’attenzione di una commissione giudicatrice composta da persone competenti ed imparziali che appartenevano sia al campo della scienza che a quello della tecnica. Così Avellino assisteva alla nascita di un ospedale degno di tale nome, il mutuo con il Banco di Napoli aveva ormai via libera e così pochi mesi dopo iniziarono i lavori. Nella contrada Pennini invece era in costruzione il Sanatorio antitubercolare e fu intitolato al medico irpino Angelo Maffucci. Inizialmente era stato previsto per ospitare 52 pazienti, ma siccome sembrava troppo esiguo questo numero di letti anche qui si provvedette ad un nuovo progetto che prevedesse un maggiore numero di letti ma senza accrescere la mole dell’edificio per non incorrere in una grave spesa di costruzione. Così un nuovo progetto redatto dall’Ingegnere Capo della provincia, con un lieve aumento della cubatura contenuto nel ribasso d’asta dell’impresa appaltatrice prevedeva 160 posti letto cosi suddivisi: 24 posti per la pediatria, 8 per il reparto chirurgia e 128 posti divisi tra i reparti femminile e maschile. Così tra vari adeguamenti anche il Sanatorio antitubercolare iniziavano nell’inverno del 1936 i lavori. Avellino vedeva crescere la civiltà e la carità verso il prossimo con strutture più adeguate. Alfonso Rubilli e la sua nobiltà d’animo sia un esempio per tutti coloro che si avvicinano alla politica.