La corruzione al tempo dell’onestà 

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Questo doveva essere il governo del cambiamento soprattutto sotto il profilo dell’onestà che il M5S ne ha fatto da sempre il suo cavallo di battaglia. Ha fatto opposizione per cinque anni con lo slogan “Onestà, onestà!”, non facendo sconti a nessuno e scendendo perfino in piazza per rivendicare il primato dell’onestà in tutti i campi a cominciare dalla politica. Su questo è stato fin troppo coerente e si è anche imposto regole di comportamento precise che prevedono le dimissioni da qualsiasi incarico al semplice rinvio a giudizio.

Da ultimo si è opposto all’elezione del senatore Romano di F.I. alla Presidenza del Senato perché non incensurato, anche se ha, poi, accettato che nel governo sedessero alcuni non totalmente esenti da precedenti giudiziari. Ora c’è cascato perfino Di Maio con l’invio a Roma dell’avv. Lanzalone come super consigliere della sindaca Raggi sulla realizzazione dello stadio della Roma. Sul sistema Raggi e la sua amministrazione, già in passato oggetto di numerosi cambiamenti della Giunta per “avventure” giudiziarie di alcuni dei suoi membri anche importanti è piombata l’ennesima tegola che rischia di travolgerla. Finora, anche se sottoposta ad indagini giudiziarie, ne è uscita indenne ed ha sempre rifiutato di dimettersi. Stavolta rischia di farsi male anche se continua a dire di non volersi dimettere perché si ritiene estranea al sistema di corruzione che le gira attorno non sentendosene, neanche moralmente, responsabile come capo politico.

La questione, stavolta, è grossa, e rischia di superare perfino Mafia capitale essendovi in ballo miliardi di euro. L’avvocato Lanzalone è stato arrestato (seppur ai domiciliari) con otto persone, delle sedici indagate, per corruzione. L’inchiesta è in corso e i botti si annunciano di sicuro effetto. Il movimento 5 Stelle, stavolta, ne è colpito nei vertici perché Lanzalone, uomo di fiducia dei 5stelle, è amico dei ministri Bonafede e Fraccaro, ed ha avuto rapporti, non solo di cena, con Casaleggio, e ricopriva anche la carica di Presidente dell’Acea, che ha competenza sulla gestione dell’acqua, dell’energia e sull’ambiente fino alle dimissioni subito rassegnate. Qualche anno fa fu costretto alle dimissioni dalla Giunta Raggi l’architetto Paolo Bardini, per le sue riserve nei confronti dell’inopportunità della costruzione del nuovo stadio.

Fino a quando il movimento potrà continuare a difendere la sindaca Raggi? La sua sorte segnerebbe una sconfitta clamorosa e dimostrerebbe non si è dimostrato capace di gestire una grande città come Roma ed anche a Torino la sindaca Appendino non dormirebbe sonni tranquilli. La ripercussione sul Governo sarebbero clamorose ed il barcollante Di Maio, già in balia di Salvini, per la questione dei migranti e per il peso sul governo, pagherebbe un prezzo politico altissimo. Dall’opposizione è facile cavalcare con successo populistico i temi dell’anticorruzione, mettersi a paladino dell’onestà; ma quando si è al governo bisognerebbe essere più cauti. Anzi bisognerebbe improntare lo stile dell’opposizione al pensiero che le parti potrebbero invertirsi con il rischio di andare in difficoltà, come, poi, è successo.

Per combattere la corruzione non basta la sola volontà e per di più il Movimento ha dimostrato, finora, dosi di dilettantismo e di scarsa cultura socio politica ritenendo di poterla sradicare con il solo buon esempio e la volontà. Invece non è facile combatterla perché, in un certo senso, e soprattutto al sud, è radicata nel costume sociale e nel modo stesso di comportarsi con la Pubblica Amministrazione ed il potere. Bisognerebbe essere maggiormente attrezzati e conoscere in ogni dettaglio la macchina amministrativa, le moltissime leggi, leggine e regolamenti che si sovrappongono creando incertezze interpretative, lungaggini, iter infiniti, rinvii da un Ministero all’altro, da un Ufficio all’altro, favorendo un facile inserimento di natura corruttiva, in tutti i gangli dell’Amministrazione di intermediari prezzolati, imprenditori senza scrupoli, palazzinari, furbetti del quartierino, politici trombati, malavita organizzata che è uscita dai confini regionali piazzandosi nei palazzi del potere.

Non basta Cantone a combattere la corruzione perché, anche se gli appalti sono sotto il suo controllo, ogni passaggio successivo, e sono moltissimi e durano anni, sfuggono ad ogni serio accertamento stante la congerie delle migliaia di leggi che si sovrappongono e si elidono a vicenda ed i molti intermediari tra i cittadini e lo Stato riconosciuti e protetti. In Italia la corruzione – esistente in forma fisiologicamente tollerabile in tutti i regimi e sistemi politici sin dall’antica Roma, assume forme patologiche nel costume socio-economico e culturale ed è, pertanto, difficilmente sradicabile. E’ un reato ambientale, tollerato ed accettato, perfino uno stile di vita, un andazzo e un dazio da pagare per avere un servizio che è solo un diritto e non uno scambio di favori come spesso viene considerato nella percezione collettiva, spesso priva di un vero senso civico, un dovere morale un’assenza di “indignazione sociale”. Così va il mondo avrebbe detto don Abbondio, e così ripetono, alcuni secoli dopo i molti don Abbondi del tempo di oggi.

La via per combattere seriamente la corruzione è lunga e lastricata di difficoltà per le molte resistenze che non hanno colore politico e sono disseminate dappertutto. Bisognerebbe, tanto per cominciare, parlare il linguaggio della verità e recidere ogni legame possibile tra la gestione della Cosa pubblica ed il potere a cominciare dalla Sanità. Tagliare le moltissime leggi contraddittorie e semplificare la burocrazia creando- come sostiene Davigo- l’agente sotto copertura. Non è il numero delle leggi o la pesantezza della pena a ridurre i reati contro lo Stato. Il codice Rocco prevedeva una pena da uno a sei anni, il codice attuale l’ha aumentata da 6 a 10 anni anche se nel contempo i condannati in Italia sono di gran lunga inferiori a quelli degli altri paesi europei (in Italia sono in carcere 363 condannati contro i 1971 della Spagna ed i 6511 della Germania). Riuscirà il governo del cambiamento almeno ad invertire la rotta?

di Nino Lanzetta edito dal Quotidiano del Sud