La crisi dei leader e dei partiti 

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Doveva essere la legislatura della rottamazione. Il PD guidato da un leader giovane come Matteo Renzi, l’arrivo in Parlamento dei cinque stelle, un movimento nato da un’intuizione di un comico. Insomma spirava un’aria di cambiamento ma è durata poco. Oggi tornano protagonisti Prodi e Berlusconi, gli eterni rivali della seconda Repubblica. Il leader e fondatore di Forza Italia vive una terza giovinezza e ha collocato il suo partito al centro di ogni possibile collocazione futura grazie al sistema proporzionale.
Niente più alleanza obbligata con Salvini e Meloni ma ognuno per sé e poi si vedrà nel prossimo Parlamento, dove Berlusconi conta di diventare il baricentro del nuovo governo. Insomma in attesa del pronunciamento della Corte di Strasburgo che gli potrebbe restituire l’onore perduto a causa della legge Severino e della condanna per frode fiscale, l’ex premier si gode la centralità riconquistata. In queste ultime settimane ha vinto le amministrative insieme al centrodestra e ha ripreso i contatti con i big del popolarismo europeo con l’elezione di Tajani alla Presidenza del Parlamento e poi sta facendo da calamita per i tanti delusi da Alfano che stanno ritornando all’ovile. Mosse che lo hanno distaccato un po’ da Salvini e riavvicinato alla famiglia dei moderati. I dati elettorali non sono per la verità esaltanti, Forza Italia viaggia intorno al 12 per cento ma quello che più conta per Berlusconi è la capacità di essere ancora l’unico che tiene in piedi il variegato mondo del centrodestra italiano e l’unico che non ha rotto con il Pd renziano. Dunque è probabile che si passi da una legislatura che si è aperta con un governo di larghe intese guidato da Enrico Letta e con Forza Italia determinante ad un’altra con un esecutivo ancora di grande coalizione e Berlusconi centrale. Non una grande prospettiva per il partito democratico nato per chiudere la stagione dei governi di coalizione e aprire quella del bipartitismo anche in Italia. Da quella campagna elettorale del 2008 che vedeva contrapposti Veltroni e Berlusconi, PD e PDL, sono passati solo nove anni ma sembrano molti di più. E in questo clima dove il centrosinistra è tornato un campo di battaglia con polemiche, contestazioni e scissioni, in tanti guardano a Romano Prodi. Il professore bolognese esclude un suo ritorno ma è molto attivo. Ha incontrato Renzi, Pisapia, Susanna Camusso e anche la presidente della Camera Laura Boldrini. Sa di essere uno dei pochi federatori e sa soprattutto di essere l’unico ad aver battuto per ben due volte, Berlusconi. Nel 1996 e nel 2006. I tempi dell’Ulivo e dell’Unione sono ormai lontani. Non c’è più il maggioritario e con il proporzionale è inutile sognare di ripetere quei modelli. Ma l’obiettivo di Prodi resta identico. Ricreare uno schema di gioco che sia alternativo al centrodestra e anche ai cinque stelle. Ma il compito appare assai arduo. A sinistra del PD oltre ai bersaniani e a Pisapia si muovono anche Sinistra Italiana e il movimento di Anna Falcone e Tommaso Montanari. Tutte forze che hanno in comune l’avversione al PD guidato da Renzi giudicato un leader troppo spregiudicato con il quale i ponti sono stati tagliati da tempo. Le leadership come ha notato un osservatore attento come Luciano Violante “si sono logorate perché non si sono circondate di una classe dirigente ma di una classe somigliante, nella quale la figura del leader si rispecchia, traendone legittimazione e sicurezza, in un narcisismo reciproco e crescente”. Tutto vero ma la situazione appare paradossale. E’ in crisi sia la figura del leader che quella dei partiti tradizionali. Si torna in questo scenario senza punti di riferimento a ricercare quelli di vent’anni fa. Personalità logore ma inclusive.

di Andrea Covotta  (edito dal Quotidiano del Sud)