La difficile ora delle scelte

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Chi rema contro il governo della città? La risposta è giunta puntuale dalla seduta del Consiglio comunale dello scorso giovedì, allorchè in un clima di volgarità e celati ricatti si è stati testimoni di uno spettacolo a dir poco indegno. La radice del male è nel Pd. Questo partito, che ha la maggiore responsabilità di governo delle istituzioni in provincia di Avellino, è come un vuoto a perdere. Il cosiddetto direttorio (D’Amelio, Paris, Famiglietti e De Luca) è incapace di esprimere una linea univoca, di fare sintesi delle contraddizioni, di mediare i conflitti nella sua stessa maggioranza. Nato come riferimento garante per condurre il partito al congresso, il direttorio si è trasformato in presidio personale di chi, gestendo il precario, ritiene di doversi ritagliare uno spazio nel futuro congresso. E sarà così probabilmente fino a dicembre, avendo Renzi deciso che le assise territoriali del Pd dovranno svolgersi solo dopo il voto per il referendum costituzionale. In questo lasso di tempo, non breve, è prevedibile che la ricaduta nefasta interesserà il governo della città. Qui si registra un conflitto nella maggioranza che è diventato ormai insopportabile. Esso è alimentato da più fattori. In primis dalla posizione assunta dai cosiddetti dameliani (i tre consiglieri che fanno capo alla presidente del Consiglio Rosetta D’Amelio). Essi da un lato non sottoscrivono il documento delle regole per il buon funzionamento del gruppo del quale fanno parte e, dall’altro, contraddittoriamente, chiedono con un loro documento l’azzeramento della giunta comunale e una nuova maggioranza di alto profilo. Se il primo cittadino non dovesse accettare queste richieste, essi esprimerebbero il loro voto contrario sulla continuazione dell’esperienza Foti. Questo sottile ricatto diventa possibile perché il Pd non esiste. Ed è grave che un vertice istituzionale come il presidente del Consiglio regionale, Rosa D’Amelio, sempre attenta alle vicende della sua provincia, si faccia trascinare su un terreno di piccolo opportunismo che non la ripaga dei tanti sacrifici fatti nella sua notevole esperienza politica. A questo punto si dovrebbe impegnare per l’unità del gruppo e non diventare, invece, riferimento del dissenso. E se proprio dovesse insistere su una linea personale, sia il Pd nazionale a convincerla che la rottura non paga e che è giunto il momento di lavorare per una sincera ripresa del dialogo. Un altro elemento destabilizzante viene dal comportamento dell’ex verde Gianluca Festa, diventato con due altri consiglieri, la spina nel fianco della maggioranza consiliare. In realtà qualcuno gli ha fatto credere che potrebbe essere il futuro sindaco della città e lui, cavalcando la tigre, fa di tutto per porre fine all’esperienza del governo Foti. C’è di più. La sua polemica è rovente e rischia di trasformare il consesso cittadino in un’arena dallo scontro continuo. Lo ha fatto l’altra sera brandendo dei fogli e rivelando che un esponente del consiglio comunale sarebbe stato ricattato se non avesse ceduto a pressioni. E qui alcune domande: perché Gianluca Festa non ha fatto nomi? Come faceva a sapere di un accadimento avvenuto, probabilmente, tra pochi testimoni? Da chi aveva ricevuto la notizia? Era talmente irrispettoso il clima e il linguaggio che la Questura lo ha ascoltato come soggetto informato di fatti penalmente perseguibili. Per deduzione logica l’esponente minacciato potrebbe essere finanche il sindaco Foti, da sempre nel mirino del consigliere della maggioranza. E il direttorio del Pd? Non una parola, un ammonimento, una richiesta di chiarimento sulle cose denunciate. Atteggiamento gravissimo. Solo la capogruppo consiliare Enza Ambrosone ha avuto uno scatto di orgoglio e di fronte ad un clima teso e incivile ha giustamente ritenuto di sbattere la porta. Per il resto nel Pd si è agito al limite della complicità. Se questo avviene nella maggioranza anche l’opposizione non è da meno. Essa si dice pronta a dare una mano al governo Foti, ponendo condizioni che sono al limite del ricatto. Foti può contare sui voti di Sel se egli si fa garante di un governo a tempo, dopo un azzeramento dell’attuale esecutivo e l’impegno a non ricandidarsi nella futura consiliatura. Più ragionevole il comportamento dell’altra opposizione che fa capo a Dino Preziosi che chiede una verifica di governo su alcuni impegni programmatici di fine consiliatura. Da questo scenario emerge una spietata verità: il sindaco di Avellino è ricattato politicamente sia da una parte della sua maggioranza che da una parte dell’opposizione. L’amara realtà è che tra posizionamenti vari, sottili ricatti, ambizioni personali, strategie per il futuro si perde il concetto di governo dei problemi della città di cui, purtroppo, nessuno parla. Il clima di sospetto, le spesse ombre che cadono sull’amministrazione comunale altro non fanno che cristallizzare la soluzione dei problemi. E così si assiste alla ridicola inaugurazione di piazza Libertà solo a metà, quando sarebbe più giusto arrossire di vergogna per i tempi lunghi della sua realizzazione, si dà esecuzione alla messa in opera dei pali per la metro che diventano motivo di insicurezza dei cittadini e occasione per i malviventi di avere facile accesso nelle abitazioni, si trascurano problemi come la ristrutturazione della Dogana e così via. E mentre tutto questo avviene c’è chi prenota la successione di Foti. Vecchi tromboni che sono pronti ad allearsi per sostenere candidature che riflettono il più becero consociativismo. Così si spiegano anche particolari attenzioni rivolte agli stessi protagonisti. Intanto come si superano le attuali difficoltà? Le ipotesi sono diverse: il Pd deve impegnarsi per l’unità del suo gruppo consiliare, consentendo al sindaco di completare le opere già avviate e finanziate. La seconda ipotesi: la nascita di un governo di salute pubblica con Pd unito e opposizioni pronte a collaborare per il bene della città. La terza ipotesi: le dimissioni del sindaco una volta accertato con i fatti di non avere nessuna maggioranza credibile. In questo ultimo caso ciascuno dovrà assumersi le conseguenti responsabilità e il primo cittadino avrebbe il dovere di spiegare le ragioni del suo fallimento.

edito dal Quotidiano del Sud

di Gianni Festa