La ferita del tempo

0
2409

Di Floriana Guerriero 

E’ una città paludosa, in cui il fango sembra un fardello di cui è impossibile liberarsi, fino a penetrare nelle viscere dei personaggi, quella che consegna il romanzo di Franco Festa “La ferita del tempo”, Robin edizioni. Un città in cui tutto sembra restare per sempre scolpito nella memoria, sui muri e nelle strade, così l’omicidio di 44 anni fa, quello che appare come un semplice delitto passionale sembra tornare con forza e sconvolgere nuovamente le vite dei protagonisti nel momento in cui l’assassino di allora, Arturo Sessa, – che uccise l’amante della moglie Marilena, Alfredo Iuliano, con decine di coltellate – è vittima di un omicidio. Poco dopo il ritrovamento del cadavere della madre, che lo ha strenuamente difeso e la comparsa improvvisa di una donna che si presenta in commissariato per denunciare che è lei, la madre del Sessa, la vera colpevole. Memoria e presente si intrecciano continuamente, così può accadere che il commissario Mario Melillo, che vive ormai recluso nella sua casa di rione Terra, diffidente nei confronti di tutto e tutto, ritrovi il vecchio amore di una volta, la donna che gli aveva fatto battere il cuore e non perdoni all’amico Gabriele Matarazzo l’incapacità di fermarsi di fronte a un privato che appartiene solo a lui. Che un altro omicidio, del consigliere comunale più votato, si riannodi alla storia del passato e insieme finisca per avvolgere in quella tela anche Licia, la donna amata da Gabriele Matarazzo. Festa conferma ancora una volta la capacità di tratteggiare i personaggi con attenzione, consegnandoci i loro turbamenti, le loro paure, da Bianca, la sensuale poliziotta che deve fare i conti con smarrimento e solitudine alla paura di Melillo di rivangare il passato fino all’ansia di Matarazzo che non riesce a dimenticare Licia e teme, convinto che il marcio che smaschera, tassello dopo tassello, possa mettere in pericolo anche lei. Scopriamo così come il delitto di allora ha interrotto non solo la vita della vittima, ma anche quella di chi è rimasto, l’assassino che ha vissuto gli ultimi anni da invisibile in un vecchio prefabbricato abbandonato, la moglie adultera Marilena che aveva sposato in tutta fretta quell’uomo che non amava, quella dei figli dell’assassino e della vittima, da Modestino a Floriana, così uguali e così diversi, i cui destini si incrociano. E’ come se un’atmosfera di morte avesse distrutto per sempre le vite dei protagonisti e questi cercassero di scrollarsela di dosso, attaccandosi disperatamente alla vita, afferrando tutto ciò che incontrano lungo il loro cammino, in un’avidità di emozioni, ricchezza, gioie sia pure effimere ma capaci di permettere loro di sopravvivere. Un’avidità che sa essa stessa di morte. Belli i personaggi femminili, da Albarosa a Marilena che hanno condiviso le battaglie per l’emancipazione ma hanno dovuto fare i conti con una vita che non consegna mai ciò che promette ma conservano una forte dignità, pronte a tradurre il loro desiderio di cambiamento in nuove azioni quotidiane. Un’ansia di cambiamento che sembra permeare ogni pagina, poiché, come ci ricorda Franco Festa, forse una speranza c’è e può partire dal centro storico “Ricominciare da , dove vivono i nostri commissari, per immaginare un’altra città, per riannodare le trame tra il passato e il futuro può essere un progetto ambizioso ma è l’unico possibile”.