La grande occasione del Sud, tra criticità e risorse

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E’ questa l’ora della grande occasione per il Mezzogiorno. Sul quadrante della storia due importanti realtà, l’Europa e il Mediterraneo, guardano al sud con uno sguardo innovativo tra risorse finanziarie e umane che possono fare la differenza. A questa sfida si candidano le classi dirigenti nazionali ed internazionali per segnare finalmente una svolta e fare del Mezzogiorno un laboratorio nel quale si sperimentano nuove opportunità di modernizzazione per fare uscire le regioni meridionali dall’isolamento in cui si trovano oggi.
Questo percorso si può attuare solo se il confronto delle idee, il dibattito a più voci, la denuncia delle criticità diventano non solo pensiero ma navigazione concreta.

ALCUNE CRITICITÀ
Non è facile oggi parlare di un Sud impegnato nella rinascita. Tanti i motivi. Tra i più importanti è l’assenza di una visione unitaria delle regioni meridionali per uno sviluppo di un vasto territorio, con vocazioni diverse, ma vissute poco oltre il proprio campanile. Turismo culturale, enogastronomia, valorizzazione delle risorse avanzano per proprio conto, quando invece potrebbero avere una interconnessione producente benessere se si agisse con una logica unitaria.
Alcuni esempi. Pompei potrebbe dialogare con i bronzi di Riace, o con i templi agrigentini o ancora con le meravigliose isole che illuminano quella parte del Mediterraneo italiano. Così come per le zone interne, assalite oggi da uno spopolamento desertificante, che riporta alla crisi del dopoguerra con la grande emigrazione. Si potrebbero, con la valorizzazione dei piccoli comuni, e l’uso intelligente delle nuove tecnologie, modernizzare quelle aree e richiamare le nuove generazioni a lanciare la sfida della competitività. Per ora di questo si occupano soprattutto le conferenze episcopali del Mezzogiorno a cui papa Francesco sta dando non poco sostegno.

I FONDI EUROPEI.
Ne arrivano al Sud e non pochi. Ma come dimostrano molte inchieste fatte dalla magistratura spesso le risorse vanno ad irrobustire i clan della malavita organizzata, certamente attrezzata tecnologicamente meglio dell’apparato istituzionale, con la sua farraginosità e i tempi lunghissimi per ultimare una pratica. Non solo. Per gestire i fondi stanziati dalla Commissione europea occorrono soggetti qualificati, capaci di progettare e seguire l’iter delle opere richieste fino ad ultimazione. Da questo punto di vista, come si è registrato anche in occasione dei fondi Pnrr con la protesta dei sindaci, soprattutto del sud che lamentano assenza negli uffici comunali di personale qualificato, i ritardi sono davvero ingiustificabili. Sempre restando nel capitolo dei fondi europei occorre aggiungere che non sempre le Regioni riescono ad utilizzarli nella loro consistenza. Così accade che giunta l’ora della scadenza, per non restituire le somme concesse da
Bruxelles, si usa il criterio dell’accelerazione della spesa. E qui lo sperpero è senza confini. Ci si inventa di tutto per la utilizzazione dei fondi: dalle rotatorie che hanno invaso il Sud, ai fontanini, ai marciapiedi, finanche al risveglio degli orologi pubblici fermi da anni. Anche questo, purtroppo, oggi è Mezzogiorno.

LA BONIFICA AMBIENTALE.
E’ fuor di dubbio che il Mezzogiorno convive con l’antistato. La lotta ai poteri criminali è pressochè relativa. La stessa Commissione Antimafia offre il suo lavoro sul piano burocratico e sempre meno di indirizzo di azione per debellare la malapianta. Il potere criminale nel Mezzogiorno tarpa le ali ad ogni prospettiva di riconquista della speranza. Esso è una piovra che controlla le istituzioni le quali a volte sono complici del malaffare. Se è vero che la corruzione attraversa l’intero Paese, essa però ha radici profonde proprio nel Sud da cui si dirama ogni tipo di intervento malavitoso. Di qui l’urgenza di bonificare il territorio, non come è avvenuto nel caso di Matteo Messina Danaro, consegnatosi di propria volontà allo Stato alla vigilia della sua morte. Sovviene alla mente la riflessione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa secondo cui seguendo il filo dei percorsi dei soldi sporchi, che sono nutrimento della malavita, si possono ottenere risultati positivi..

I PERICOLI
Che resista ancora una questione meridionale non risolta è nei fatti che segnano la crisi del Sud. Che i governi, nelle loro successioni, si affatichino per dare risposte è vero solo come fatto intenzionale. Si ricorda la sfida di Berlusconi con il piano del Sud, il masterplan di Renzi e così via. Se tutte quelle verbali intenzioni avessero trovato concretezza oggi il Sud sarebbe l’Irlanda d’Italia. Invece no. Per i fondi di coesione nel Mezzogiorno l’attuale governo ne ha centralizzato nella capitale la distribuzione , istituendo una cabina di regia che, con un proprio programma, sentiti i responsabili degli enti locali dà corso alle pratiche. E’ viva , con polemiche astiose , la protesta del governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che reclama l’invio dei fondi da utilizzare nella sua regione, con il ministro Fitto che ritarda nel distribuirli. Istituzioni contro che si rivolgono alla magistratura contabile per acquisire la ragione.
Ma il vero pericolo incombente è quello che avanza con l’Autonomia differenziata regionale su cui la Lega sta spendendo tutto il suo impegno pur di rendere attuale una legge che comporta una forte penalizzazione delle regioni meridionali. E’ evidente, come ha da sempre sostenuto questo giornale e il suo direttore, a proposito della spesa storica, che se il provvedimento leghista dovesse essere approvato definitivamente equivarrebbe a spezzare una costola importante contro l’unità d’Italia.

L’IMMIGRAZIONE.
Le coste meridionali hanno vissuto e vivono l’abbandono dei paesi africani come una dannazione e mai come una risorsa. Il Mediterraneo che rappresenta il futuro per la rinascita del Mezzogiorno si è trasformato invece, con il suo cimitero angoscioso, in una negazione di ogni possibilità di progetto positivo nel rapporto Sud-Africa. Prevale il dato emergenziale, di rincorsa per soluzioni affrettate che spesso si concretizzano con l’impiego di risorse umane collocate nel mondo del lavoro nero e dello sfruttamento delle campagne. Eppure l’evoluzione della società ci dice che occorre mano d’opera in molti settori produttivi da professionalizzare. Si potrebbe partire da qui per riflettere sui possibili apporti dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo.

LA CLASSE DIRIGENTE.
E’ questo il grande tema che frena l’impegno meridionalista. Esaminate le criticità, sia pure in estrema sintesi , il fattore decisionale per la sfida e la svolta del Mezzogiorno è il ruolo che dovrà svolgere la classe dirigente , non solo politica. Quest’ultima ha vestito da sempre nel Mezzogiorno gli abiti del clientelismo e del trasformismo. Si è mostrata assente nelle grandi occasioni di rinascita nel sud. I banchi vuoti del Parlamento ogni qualvolta che si è discusso di Sud sono l’immagine plastica di un abbandono di responsabilità. Se così dovesse continuare ogni speranza di riscatto sarebbe morta. Invece, oggi bisogna guardare al futuro con grande responsabilità, per recuperare il tempo perduto e occasioni di confronto a tutto campo, con sensibilità straordinarie, possono risultare utili per la costruzione di un laboratorio europeo e mediterraneo di un Mezzogiorno propulsivo nel mondo globalizzato.