Il ciclone giudiziario che ha investito il capoluogo dell’Irpinia con l’arresto del primo cittadino e di alcuni suoi collaboratori è indice di un malessere che già da tempo serpeggiava nella pubblica amministrazione. L’idea che tutto fosse possibile era talmente consolidata nella testa di alcuni governanti che anche le giuste proteste dei cittadini che reclamavano un loro diritto trovavano risposte talvolta arroganti. Quando poi il pentolone è stato scoperto, per merito dei magistrati con la collaborazione dei rappresentanti delle Forze dell’ordine, gli irpini tutti sono rimasti basiti. Leggendo le ordinanze contenenti i motivi delle azioni giudiziarie si capisce quali malversazioni ha subiro la comunità avellinese. Tutto questo è ormai alle spalle, anche se nella città si respira un’ aria sospesa come se da un momento all’altro potesse accadere qualcosa di clamoroso.
Il lavoro encomiabile dei magistrati farà il suo corso e coloro che sono finiti nelle maglie della giustizia avranno la garanzia della difesa fino alla emissione delle sentenze definitive. Tuttavia questa vicenda offre lo spunto per una riflessione a più ampio raggio: la legalità è sempre garantita in Irpinia e, quindi nel suo capoluogo? Se si fa riferimento ai traffici illeciti rilevati nel l’ambito locale, la risposta è nella dimensione dei fatti accaduti così come narrati dalla cronaca: spaccio di droga anche nelle zone interne, riciclaggio di danaro in molte attività economiche, usura, ecc. Ma c’è qualcosa di più complesso che riguarda l’intreccio tra la pubblica amministrazione, le imprese private e il potere della camorra che consente affari da capogiro rendendo cupo il clima anche in una piccola provincia come la nostra. Da tempo questa testata è impegnata in una azione di moralizzazione della vita pubblica, con denunce circostanziate e indicazione di abusi. Confidiamo nella dovuta attenzione delle Istituzioni chiamate in causa e soprattutto nell’intervento deciso del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.
Ci auguriamo che il nostro contributo possa essere utile alla legalità, anche se avvertiamo un clima di indifferenza o per dirla con Pino Daniele siamo di fronte a “na carta sporca e nisciuno se ne ‘mporta”. In realtà, basta poco a farsi un’idea precisa di quello che accade. Basta fare un giro in città per avvertire puzza di bruciato. Prendiamo il caso degli appalti. Ci chiediamo se siano tutti in regola. Nel senso che sono rispettati i termini della consegna dei lavori e pagate, nel caso contrario, le multe dovute? E ancora. La colata di cemento che sta invadendo il centro città rispetta le cubature edificabili definite con gli organi a cui spetta il controllo? O invece siamo di fronte a violazioni clamorose con palesi complicità? E di chi? C’è un controllo sulla qualità del prodotto utilizzato? Sono domande che il comune cittadino si fa nel solo pensando alla legalità. Già, la legalità. La stessa Commissione antimafia nell’ultimo rapporto semestrale ha evidenziato che in Irpinia imprese locali sono coinvolte con poteri criminali. E’ la prima volta che il riferimento ad un intreccio affaristico viene definito in modo così esplicito. Inoltre, a supportare questo allarme, sono state emesse nei confronti di alcune imprese locali interdittive antimafia che prevedono urgenti interventi da parte delle Prefetture interessate. Anche in questo caso confidiamo che sia fatta chiarezza e non ci si affidi solo a responsabilità di ritardi burocratici. Non serve qui ricordare che assicurare un clima di legalità è il presupposto per una garanzia della convivenza di una comunità. E allora diamoci una mossa.