La lezione dimenticata dei nullisti

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Di Mino Mastromarino

Accade che fatti insignificanti diventino notizie. Così i media, ancora oggi nel 2023, oziosamente si domandano il perché del divorzio politico tra Calenda e Renzi. Il primo al secondo: “Non ero a Miami con il genero di Trump o in Arabia a prendere soldi dall’assassino di Khashoggi….Lasciamo la melma a chi ci sta bene dentro”. Renzi a Calenda: “Attacchi giustizialisti tipici dei grillini, non dei liberal-democratici. ..Se sono un mostro oggi, lo ero anche sei mesi fa quando c’era bisogno del simbolo di Italia Viva per presentare le liste”. Per i politici autoreferenziali l’unica dea da adorare è la presenza. Purchè non simultanea. In Campania, abbiamo delle specialità. Franco Alfieri, presidente della Provincia di Salerno, ex renziano ma semper deluchiano, ha sentenziato: «Democrazia fa rima con idiozia», argomentando che «la gente deve pensare che non lavorando per migliorare la candela si è scoperta la lampadina». Consiglio non richiesto ai Nostri: le avanguardie poetiche russe (che sicuramente hanno formato già oggetto di studio) andrebbero rispolverate. All’ inizio Novecento, vi fu un piccolo gruppo di poeti che acquisirono grande notorietà, nella città di Rostov sul Don, grazie alla loro particolare idea di poesia. Si definirono “nullisti”. Il loro manifesto, detto del “nullismo”, prescriveva con lungimiranza: «Non scrivete nulla. Non leggete nulla. Non dite nulla. Non stampate nulla». Il silenzio è cosa buona e giusta.