Ieri, sabato, tornando a casa dopo aver lasciato la sede del giornale, mi sono imbattuto in scene davvero raccapriccianti. Affollamenti davanti ai bar, file lunghissime davanti agli uffici postali, ai negozi aperti, tutto come se fosse una giornata normale di “struscio” festivo. Controlli quasi zero. Non intendo fare allarmismo, ma oltre la nostra Avellino, le immagini che ci ha consegnato “mamma tv” di molte città italiane non erano diverse. Anzi peggiori, in caso di aree metropolitane. Nella non breve vita che il Signore ha voluto donarmi, non mi era mai capitato di trovarmi di fronte ad una così generale irresponsabilità civica. Il peggio non è affatto passato, è chiaro o no?
Ancora ieri i contagi sono ripresi rispetto al calo dei giorni precedenti, e sempre ieri sono morte altre cinque persone per Covid -19, facendo salire in Irpinia a 143 i deceduti dall’inizio del terribile morbo. E’ chiaro o no?
Non v’è dubbio che la classe dirigente, politica e non, attraversa uno stato generale di confusione che si riflette sulla comunità, determinando le reazioni più imprevedibili. L’acronimo Dpcm rappresenta plasticamente il conflitto tra le istituzioni: governo, regioni, amministratori locali, con la logica del “a ciascuno il suo” , in questa torre di Babele che è tipica della assenza di capacità decisionale di chi ha le redini del potere.
Intanto De Luca, governatore della Campania, nei suoi sermoni del venerdì (peraltro senza contraddittorio che ci riportano ad un triste passato della nostra buia storia), dice e si corregge, attua fughe in avanti per tornare poi subito da dove era partito. Il tono del personaggio è noto a tutti, come quel sorriso beffardo che annuncia sciagure.
Sul piano locale non si vede l’ombra di una strategia per definire una rete ospedaliera che ponga fine agli sprechi e alle emergenze che tristemente si rincorrono: ex Moscati di viale Italia, Maffucci di contrada Pennini, presidi di Monteforte e di Solofra sono inutili sepolcri imbiancati.
In questa situazione tutto è rimesso alla coscienza civile. Alla responsabilità individuale per il bene collettivo. Altrimenti, credetemi, sarà solo un dopo Natale di nuovi lutti. E la lezione del dopo marzo non sarebbe stata per niente utile.
di Gianni Festa