La lezione francese e la Gauche

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Era qualche minuto dopo le 20 di domenica scorsa quando la tv ha dato la prima proiezione su schede scrutinate del ballottaggio per le presidenziali francesi:   Emmanuel Macron sopra il 58 % dei voti e Marine Le Pen suppergiù al 42%.  Volevo gridare di gioia, ma la voce mi è rimasta in gola: il mio era un solo respiro di sollievo per lo scampato pericolo. Certo, non era di poco conto che una neo-fascista non arrivasse all’Eliseo alla guida di quella grande nazione d’Europa. Quella che, dopo aver creato la cultura dei Lumi che, dirà Kant, fa uscire l’uomo dallo stato di minorità per  servirsi della ragione e osare di sapere (“Sapere aude!”), e nel 1789 fu la patria  della Rivoluzione che ha sancito i diritti universali dell’unica razza creata da Dio, come la chiama Einstein, la “razza umana”, proclamando come principi universali la Libertà, la Fratellanza l’Uguaglianza.

I dati definitivi hanno detto che a Macron sono andati 18,7 milioni di voti, pari al 55,55%, alla Le Pen 13,3 milioni, pari 41,45%. Non a caso, Marine Le Pen ha parlato di “risultato eclatante”. E’, infatti, la prima volta che un candidato dell’estrema destra francese, xenofoba, antieuropeista, razzista, populista arriva e supera, con più di 13 milioni di voti, il 40%. Fra qualche settimana si vota per l’Assemblea legislativa e, quindi, per il nuovo governo: solo allora si saprà se la destra è stata veramente fermata. E non si scordi che il 28,01 dei Francesi non ha votato, facendo registrare l’astensione più alta dal 1969. Aggiungendo anche – come ha riconosciuto lo stesso Macron –  che senza i voti di Jean-Luc Mélenchon, che ha al primo turno ha raggiunto il 22%, dei suffragi, lui non avrebbe avuto il secondo mandato.

Mai come oggi la lezione delle presidenziali francesi appare di senso inequivocabile non solo per Macron (che promette di cambiare strada, andando verso sinistra) ma per la stessa Gauche francese e per la Sinistra italiana ed europea, ancora ridotta a “vulgo disperso”. Forse si può riassumere in due punti: 1) la destra francese, erede della Vandea, del colonialismo, dell’antisemitismo, quello del caso Dreyfus di fine Ottocento, della Repubblica di Vichy collaborazionista con i nazisti e da sempre antislamica e antimmigrati, è più viva che mai e trova. il suo brodo di coltura nella crisi indotta dal Covid e nelle ingiustizie create da un capitalismo sfrenato. Più o meno lo stesso accade nel resto d’Europa, Italia compresa,  il Paese che ha inventato il fascismo, esportandolo nel mondo, e ha conosciuto la Controriforma ma non la Riforma, la Controrivoluzione ma non la Rivoluzione.

2) La Sinistra deve riscoprire i suoi ideali e le sue ragioni, che, come dice Occhetto, sono a monte delle sue divisioni. Deve “ritornare ai principi”, come insegna Niccolò Machiavelli. Di questi principi, il primo è la pace. Nel caso della guerra in Ucraina, i nostri governanti, per sapere che fare, dovrebbero ispirarsi a quanto fecero papa Giovanni XXIII e il presidente del Consiglio Amintore Fanfani quando scoppiò la crisi dei missili a Cuba nell’ottobre 1962 e si rischiò la guerra atomica. Inoltre non è più tollerabile vivere, e non lottare per cambiarlo, in un mondo in pandemia continua, con migliaia di morti al giorno, che va verso il disastro ecologico. Il tutto perché qualche migliaio di paperoni ha la ricchezza di quattro miliardi  abitanti del pianeta. E’ tempo di costruire  una “polis” libera, democratica,  fondata sulla giustizia sociale, gilanica, ovvero fatta di uomini e donne uguali, intertecnica, interculturale.

di Luigi Anzalone