La luna di miele sta per finire

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La Giustizia, l’omofobia, le nomine Rai. E tutto il resto che dovrà ancora venire. Il decisionismo di Mario Draghi, se risulta gradevole alla maggior parte degli italiani, soprattutto per lo stile e la determinazione, sta diventando, invece, una mina vagante per la stabilità del governo. Sarà un autunno caldo? Difficile dirlo. Quando, tuttavia, si lacererà il velo di ipocrisia steso dai partiti, ora genuflessi al premier, bisognerà solo allora tirare le somme. E i nodi, probabilmente, verranno al pettine. I segnali già ora sono inquietanti. Il conflitto Conte-Grillo nel M5s avrà, presumibilmente, un epilogo disastroso con l’eventuale ridimensionamento dei pentastellati e la nascita del nuovo partito di Giuseppe Conte che non sopporta la diarchia con il comico ligure. I gruppi contrapposti per ora sfogliano la margherita, fiduciosi di ritrovare, pur nelle difficoltà, l’intesa perduta. E poi ci sono i sindacati che, dopo la lunga tregua con il premier, cominciano a scalpitare avanzando il dubbio di un governo conservatore, distante dalle categorie operaie e il ceto medio. Tutto questo senza mettere da parte le fibrillazioni che fra poco agiteranno le forze politiche in vista delle elezioni amministrative che si svolgeranno in alcune metropoli italiane e che potrebbero alimentare lo scontro tra forze per ora alleate. Tutto così greve? Il solo elemento che fa sperare in un prossimo futuro meno guerreggiato è nella gestione del Recovery fund. E’ evidente che la grande occasione dei fondi europei esige coerenza e compattezza. Una disattenzione o una mossa falsa potrebbe compromettere gli ottimi risultati sperati. Soprattutto nel Mezzogiorno dove, mentre si litiga sulla quantità dei fondi assegnati (o da assegnare), si naviga a vista nella fase della progettazione, per larga parte ferma al palo. E’ dunque il richiamo ad una rinnovata responsabilità ciò che serve. Altrimenti tutto tornerà come prima.

di Gianni Festa