La pandemia ha colpito il cuore

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Di Gianpaolo Palumbo

Uno dei problemi maggiori che derivano dalla malattia COVID19 è una vera e propria patologia che colpisce i guariti dall’infezione. La persistenza dei sintomi è variabile da pochi giorni fino a diversi mesi. Il virus colpisce principalmente le vie respiratorie, ma l’infiamma – zione disperde i propri sforzi anche a livello renale, dei polmoni, dell’apparato gastro-enterico fino alla sfera dei problemi cognitivi. Tali effetti “dell’invasione” vengo – no chiamati “fenomeni associati” e quello che più cronicizza e raggiunge anche il 60% dei positivi viene chiamato Sindrome CardioMetabolica. Si ha il riscontro dell’aumento dell’adiposità, soprattutto “centrale, dei “grassi” circolanti, della glicemia a digiuno, della pressione arteriosa e la diminuzione del colesterolo “buono” (HDL). Più che questa sindrome incute timore il ritorno massiccio delle malattie e delle morti per patologie cardio-vascolari. E’ un ritorno che non ci si aspettava o, almeno, di cosi’ vasta portata. Era da un ventennio che i decessi legati a queste malattie diminuivano di anno in anno dal 1990 al 2020. Oggi siamo tornati tragicamente indietro nel tempo. Nel Stati Uniti la mortalità cardio-vascolare, legata in maniera indiretta al virus per sospensione di ricoveri, di controlli ambulatoriali e di screening ha innestato la marcia indietro. Anzi ha fatto di peggio perché la mancanza di assistenza ha colpito oltre oceano maggiormente i giovani e gli afro-americani. L’incremento dell’indice di mortalità è stato del 4% e, nella fascia tra i 35 ed i 55 anni, l’incremento ha toccato il 12%. L’Associazione dei Cardiologi degli Stati Uniti nella recente Sessione Scientifica di Chicago ha fornito delle possibile spiegazioni di come il virus ha indirettamente colpito il ….cuore. Il fattore di rischio maggiore, secondo gli studiosi al di là dell’Atlantico, è legato alla diffusione del virus, che per lunghi periodi degli ultimi due anni ha reso difficile l’accesso ai sistemi sanitari, non tanto perché effettivo, ma per quanto legato al timore di un possibile contagio. In questo modo, a catena, si sono ritardate le prime visite e quelle di controllo. E’ dilagato il fenomeno di sottovalutazione dei sintomi (iniziando dal dolore toracico) che ha poi reso i trattamenti intempestivi ed inefficaci. Il virus a forma di corona ha ulteriori colpe del peggioramento delle malattie vascolari perché ha inciso sugli stili di vita, sulla sedentarietà, sull’alimentazione, sull’uso delle droghe in genere e sul consumo di alcool e tabacco. Se a queste “situazioni” si aggiungono le persone che soffrono anche dal punto di vista socio-economico ci comprende ancora di più come mai i poveri ed i cittadini non di colore siano stati maggiormente colpiti dalle problematiche patrologiche, indirettamente collegate alla pandemia. Sempre negli Stati Uniti, il corrispondente italiano dell’Istituto Superiore di Sanità, ha messo in evidenza anche l’importanza del mancato controllo della pressione arteriosa. Fino al 2019 su 140.000 pazienti 8 su 10 avevano i valori sotto controllo, mentre con il diffondersi del terrore per il contagio le misurazioni si sono ridotte drasticamente ed i soggetti in linea con i valori “giusti” erano solo 4 su 10. A queste “motivazioni” dell’indi – retto “assalto” al cuore da parte del “SarS-CoV-2”noi aggiungiamo anche la carenza di sonno, un’alimen – tazione non corretta e la mancanza di sport o, comunque, di attività fisica, perché il movimento è vita. Nel frattempo, i vaccini non solo continuano a proteggerci dalle forme gravi della malattia, ma esistono sempre più evidenze del fatto che possono prevenire molti sintomi del “LONG-COVID”. Uno nuovo studio ha messo a confronto 1,5 milioni di pazienti COVID-19 non vaccinati con 25.225 pazienti vaccinati. E’ stato rilevato che i vaccini hanno notevolmente ridotto il rischio di sviluppare sintomi di “LONG – COVID”, 28 giorni dopo l’infezione. L’effetto protettivo della vaccinazione si è mostrato ancora maggiore a 90 giorni dall’infe – zione. Ma ritornando al nostro “cuore”, in questo scenario a pesare tantissimo sono varie leevidenze scientifiche emerse nel recente passato sulla correlazione tra somministrazione dei vaccini ed infiammazioni cardiache.È notizia recente, infatti, che Pfizer e Moderna hanno annunciato l’avvio di alcuni studi clinicicon l’intento di fare luce sugli effetti avversi a lungo termineche potrebbero manifestarsi nei giovani che hanno riscontrato problemi cardiaci in seguito alla somministrazione del vaccino antiCovid.Insomma, sono diverse le ricerche che stanno avviando le aziende, che evidentemente vogliono e devono fare luce sul fenomeno delle miocarditi. Dunque, devastante e invisibile,l’ansia e, un senso di penetrante tristezza,stanno lasciando il segno tanto da farci chiedere se riusciremo a tornare alla vita pre-Covid. Qualunque scelta si faccia sembra arrecare con sé pericoli. E’ vero che la mente umana per proteggersi è stata capace di mettere in campo diverse forme di difesa: c’è chi, soffrendo, lo ha affrontato; chi ha avuto un atteggiamento di negazione del problema; chi ha generato una reazione sproporzionata, sopra le righe, come tutti coloro che hanno partecipato alle manifestazioni senza mascherine all’urlo “Il Covid19 non esiste”. Ma è altrettanto vero che aggrapparsi alla speranza significa affidarsi alla scienza, non dimentichiamolo mai, perché se continuiamo a percepire il Covid come una condizione di perenne minaccia rischiamo di essere bloccati dalla paura, di essere incapaci di progettare il nostro futuro!

*Medico Federazione medici sportivi