La politica con i piedi per terra

0
1278

Il presidente della Repubblica, ma anche il capo dei vescovi italiani hanno tentato nei giorni scorsi di riportare con i piedi per terra una campagna elettorale che aveva preso la forma di un gigantesco inganno, una enorme fake news, per usare un termine di moda, un raggiro tendente ad alimentare la paura per speculare sui dubbi e le incertezze proprie di un tornante storico come quello che il Paese attraversa. Che ci siano riusciti, a riportare le cose nella loro giusta dimensione, è tutto da vedere, e lo si potrà capire solo nei prossimi giorni, quando si sarà conclusa la tormentata fase della formazione delle liste e comincerà il vero e proprio confronto dei candidati con gli elettori; ma intanto è bene sottolineare alcuni spunti di riflessione.

In primo luogo, il vero oggetto del contendere, o meglio l’obiettivo della campagna elettorale, che Mattarella, nell’intervista a “Famiglia cristiana” così descrive partendo da un’affermazione in negativo: “Non si può configurare una contrapposizione tra istituzioni mal frequentate e una mitizzata ideale società civile: sappiamo che non è così”. Detto in positivo: obiettivo del confronto serrato che in campagna elettorale si instaura fra candidati ed elettori, fra partiti e popolo, è e deve essere la ricucitura dei rapporti fra politica e società attorno a comuni obiettivi di crescita, a un’idea di Paese, alla individuazione di un ruolo da giocare in Europa e nel mondo. La passerella dei leader mondiali a Davos, il dialogo a distanza fra Macron e Merkel sui destini dell’Europa, lo stesso faticoso tentativo della cancelliera tedesca di costruire un governo di coalizione in Germania, ci ricordano che la campagna elettorale italiana non ha sospeso il corso della storia. Usciamo da una fase di smarrimento (cambio di leadership a Washington, Brexit, crisi della globalizzazione), e le coordinate della politica internazionale stanno cercando un nuovo orientamento, con una decisa accelerazione nel senso della ripresa di iniziativa delle grandi macroaree regionali: Europa, Asia, America, Africa. Ecco dunque che anche la politica italiana deve muoversi rapidamente con due obiettivi egualmente importanti: rimettere in moto il Paese dopo l’esaurimento delle grandi prospettive politiche della passata legislatura, riforma costituzionale in primo luogo; e riagganciare il treno di un’Europa che tenta di sottrarsi al ciclone Trump costruendo un’alternativa praticabile alla deriva protezionista della Casa Bianca e recuperando un indispensabile protagonismo verso la Russia .

Se questo è il contesto in cui ci muoviamo, appare chiaro che sgolarsi a rincorrere promesse palesemente irrealizzabili e contraddittorie, o andare a dire una cosa a Bruxelles e l’esatto contrario il giorno dopo a Roma, se difficilmente convincerà gli elettori a esprimere un voto consapevole, tanto meno favorirà il superamento del gap di credibilità che ultimamente ha colpito tutti indistintamente i partiti e, di riflesso, le istituzioni. La ritrosia dei rappresentanti della cosiddetta società civile ad impegnarsi nelle liste elettorali dovrebbe pur dirci qualcosa. Fa bene Mattarella a sollevare il problema denunciando un dualismo inesistente, tutto a danno della politica; ma è pur vero che se i partiti non riusciranno a cogliere l’occasione per cicatrizzare antiche ferite, il divario fra classe politica e società è destinato a diventare insuperabile. La legislatura che è appena finita ha visto la sconfitta di un progetto complessivo di riforma istituzionale, ma anche il declino del più radicale disegno palingenetico degli ultimi anni, che non ha retto alla prova del governo locale.

Ed ecco qui la sintonia fra il discorso di Mattarella e quello del presidente della Cei cardinale Bassetti, che ha indicato tre obiettivi per l’Italia del futuro: “Ricostruire la speranza, ricucire il Paese, pacificare la società”. E se il primo ha carattere eminentemente pastorale, gli altri due rivestono una dimensione politica indubitabile, sul piano degli obiettivi di fondo, del messaggio culturale da lanciare in campagna elettorale prima ancora dei contenuti programmatici da proporre. Per fare un solo esempio, si noterà che la dialettica politica di queste settimane è tutta sbilanciata verso il Nord del Paese, mentre al Mezzogiorno vengono presentate prevalentemente ricette assistenzialistiche già fallite in passato.

 

di Guido Bossa edito dal Quotidiano del Sud