La politica di Francesco

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“Non so come stanno le cose nel Parlamento italiano. Il Papa non s’immischia nella politica italiana”. Basteranno queste poche parole, pronunciate sull’aereo che lo riportava a Roma dopo il viaggio in Messico a liberare il terreno su cui si svolge il dibattito sulle unioni civili da un pesante equivoco generato più che dalla materia del contendere (il disegno di legge Cirinnà), dalle strumentalizzazioni che ne hanno bloccato l’iter al Senato? Lo si vedrà fra pochi giorni, quando le votazioni riprenderanno nell’aula di palazzo Madama; ma intanto si può dire che Papa Francesco, oltre a manifestare il suo fastidio per le miserie provinciali della politica italiana, ha respinto le pulsioni clericali che ogni tanto riemergono dai sotterranei della storia e pretendono di riproporsi all’attenzione di tutti ammantandosi di una dignità che assolutamente non meritano. Il Papa ha poi completato il suo ragionamento con un’osservazione di carattere generale: “Un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata”, frase che richiama alla memoria una polemica, anch’essa meschina e di bassa lega, suscitata da una dichiarazione dell’allora presidente del Consiglio Romano Prodi che, interrogato il 9 marzo 2005, aveva affermato che, essendo egli un “cattolico adulto” sarebbe andato a votare per il referendum sulla legge 40 sulla fecondazione assistita, evitandone il fallimento, auspicato (e poi ottenuto grazie ad una massiccia astensione) dal cardinale Camillo Ruini, allora presidente della Conferenza episcopale. Ora, una “coscienza ben formata” è proprio ciò che trasforma un fedele immaturo in un “cattolico adulto”; e dunque si può forse dire che con quelle parole Papa Francesco abbia, volontariamente o meno, risarcito Romano Prodi dalle accuse che tanti clerico-reazionari gli avevano mosso oltre dieci anni fa. Naturalmente, non sappiamo neppure se il Papa fosse a conoscenza del precedente, ma quel che appare certo è che oggi, a tanta distanza di tempo, ha inteso bloccare sul nascere un tentativo di inquinamento della politica italiana del tutto simile a quello felicemente andato in porto allora, e che ebbe una infausta prosecuzione con l’affossamento, due anni dopo, del disegno di legge sui “Dico” (diritti e doveri delle persone conviventi) presentato dallo steso governo Prodi. Si può ben dire, allora, che Papa Francesco, al di là dell’eco che le sue parole susciteranno nella Chiesa italiana, ha voluto chiudere una volta per tutte una stagione di equivoci e di sconfinamenti che ha danneggiato la credibilità dell’episcopato e ostacolato la crescita nel nostro Paese di un laicato “adulto” capace di sostenere con le argomentazioni fornite dalla cultura e da una coscienza “ben formata” il confronto parlamentare su materie nelle quali legge e morale si trovano a confinare se non a sovrapporsi. Com’è noto, strumentalizzazioni e sconfinamenti non sono mancati anche nella discussione parlamentare sulle unioni civili, fino alle speculazioni sulla bocciatura da parte del Movimento 5 Selle dell’emendamento che avrebbe accelerato la votazione della legge. Naturalmente, tutto ciò non vuole assolutamente dire che il Papa sia indifferente alle proposte o alle scelte politiche contingenti, né che intenda sottrarsi al giudizio sui grandi temi dell’attualità internazionale e anche italiana: basti citare la scudisciata dedicata al candidato repubblicano alla Casa Bianca Donald Trump e al suo progetto di costruire un muro di 2.500 chilometri fra Messico e Stati Uniti per fermare l’immigrazione (“quest’uomo non è cristiano, se veramente ha detto quelle cose”), o la decisione con cui ha affrontato il tema delicatissimo dell’uso della contraccezione per contrastare l’aborto (che è “un crimine”, mentre “evitare una gravidanza non è un male assoluto”). Insomma, quando sono in ballo valori essenziali, come la dignità e la vita delle persone che fuggono dalla fame, dalla guerra e dalla miseria, il Papa non si tira certo indietro, anzi esorta la Chiesa a parlare a voce alta, mentre chiede di rivedere con prudenza e lungimiranza certi divieti assoluti che hanno fatto a lungo soffrire molti uomini e donne che volevano restare fedeli al Vangelo ma non si sentivano compresi dai vescovi e dai confessori. Dunque, una alta lezione di politica e di morale di cui, evidentemente, c’era bisogno.
edito dal Quotidiano del Sud