La politica ferma al palo

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Di Guido Bossa

Sia la maggioranza che l’opposizione si trovano spiazzate di fronte alla malattia di Silvio Berlusconi e alla sua probabile eclissi politica, e l’imbarazzo che ne deriva apre una riflessione sui limiti e l’incompiutezza del nostro sistema politico-istituzionale. Fratelli d’Italia, il partito egemone della coalizione di governo, forte nei numeri ma ancora debole nella legittimazione internazionale – europea soprattutto – teme di trovarsi in mezzo ad un difficile guado nel confronto che vede da una parte socialisti e popolari, che finora hanno presieduto alle sorti dell’Unione, e dall’altra i regimi reazionari e sovranisti del blocco orientale ex sovietico, Polonia in testa. La partita decisiva si giocherà fra poco più di un anno alle elezioni europee del 2024: Giorgia Meloni contava sull’appoggio di Fratelli d’Italia per scardinare il centrosinistra all’Europarlamento e fare maggioranza insieme ai popolari, che oggi esprimono la presidente della Commissione (tedesca) e quella dell’Eurocamera (maltese). Un deciso spostamento a destra, che però rischierebbe di essere messo in discussione se venisse a mancare la garanzia moderata del Cavaliere. Di qui la necessità di un riposizionamento e forse di un ripensamento tattico. Al quale non si potrà sottrarre neppure l’opposizione, e in essa soprattutto il Pd di Elly Schlein. Al Nazareno stanno facendo i conti con l’inadeguatezza di una storia politica tutta e solo incentrata sull’antiberlusconismo, che mostra i suoi limiti ora che il “nemico” si appresta ad abbandonare il campo. A ben vedere è stato proprio l’antiberlusconismo agitato per anni come una bandiera identitaria, a contraddire la “vocazione maggioritaria” del partito veltroniano, che raggiunse il 33% di consensi alle elezioni del 2008 al termine di una
campagna elettorale nella quale il leader non aveva mai nominato il suo avversario. Ora quella prospettiva sembra abbandonata, ma non è ancora chiara la direzione lungo la quale si muoverà la nuova segretaria. Le scelte fatte per la composizione del gruppo dirigente puntano a sinistra e scontentano moderati ed ex popolari; i sondaggi restano favorevoli ma i test elettorali sono insoddisfacenti. Soprattutto manca ancora una visione del Paese da costruire e un programma di governo alternativo a quello della destra a trazione meloniana. Il quadro che il declino berlusconiano sembra offrire è insomma quello di un sostanziale immobilismo della politica italiana, prigioniera di un sistema bloccato, con un parlamento espropriato dei suoi poteri di rappresentanza, un Capo dello Stato imprescindibile punto di equilibrio prorogato per due volte per mancanza di alternative, un Esecutivo diventato ipertrofico ma incapace di vere riforme. La politica ferma al palo.