La ricetta di un’altra Europa

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Si è chiuso un anno dominato dall’incertezza e se ne apre un altro con una prospettiva simile. Una situazione che non riguarda solo il nostro paese ma l’intera Europa. Il risultato delle ultime elezioni spagnole e quello delle regionali francesi fa emergere un quadro frastagliato dominato nel primo caso dal cambiamento e nel secondo dall’inquietudine e dalla paura. La nuova Europa che sta nascendo si annuncia come un ibrido indecifrabile se andiamo ad analizzare le singole realtà politiche dei grandi paesi del continente. La Gran Bretagna si sente ormai più fuori che dentro i confini dell’Unione e se la destra di Cameron è al governo la sinistra laburista ha subito una completa restaurazione. Il blairismo è definitivamente andato in soffitta e al suo posto c’è un leader che guarda alla sinistra più tradizionale e meno riformista. In Germania il governo di coalizione tra i due grandi partiti procede la sua navigazione e la coabitazione potrebbe durare ancora a lungo. La Grecia dopo il voto di quest’estate resta saldamente nelle mani di Alexisis Tsipras ed è soprattutto Atene ad aver dato una scossa all’Europa dell’austerità e delle regole stringenti. E’ partita infatti all’ombra del Partenone la rivolta contro la cosidetta Europa dei banchieri. Un tema cavalcato sia a sinistra come è accaduto in Spagna con il movimento Podemos che a destra come è avvenuto in Francia dove il primo partito è diventato quello di Marine Le Pen. In questo scenario si inserisce la battaglia che il nostro paese sta giocando per ritagliarsi un nuovo ruolo. L’obiettivo del Presidente del Consiglio è quello di dimostrare che un’altra politica economica è possibile. E così Matteo Renzi è partito all’attacco della Germania sulla gestione dei migranti e le misure per la crescita. Un affondo non abituale per un leader italiano di un paese convintamente europeista. La paura della globalizzazione e l’immigrazione rendono sempre più incerto il panorama politico. Renzi in casa deve guardarsi da Salvini e Beppe Grillo che cavalcano la spinta anti Bruxelles. La questione dei migranti è emblematica. La concorrenza tra i vari paesi europei è ad ospitare il minor numero possibile di rifugiati. Un modo per tradire l’idea stessa di Europa che sta perdendo lo spirito di solidarietà sulla quale è stata costruita. I movimenti neopopulisti stanno crescendo e – come spiega il politologo Ilvo Diamanti – le paure sono diventate argomenti politici e sono più utili al consenso rispetto alla speranza. Insomma – scrive Diamanti – il cammino di questa Europa non solo è incompiuto ma ha indebolito gli Stati nazionali. I quali hanno ceduto una parte di sovranità, di fatto, ad alcune burocrazie finanziarie e amministrative che decidono di flussi migratori, tariffe, contributi. L’Europa non è dunque politica ma burocratica, i centri decisionali stanno nella BCE e a Bruxelles, non a Strasburgo dove ha sede il Parlamento. Dunque si fa politica all’interno degli Stati nazionali senza che questi siano più completamente padroni della propria politica. Un corto circuito micidiale. L’illusione di costruire un’Europa diversa ha fatto crescere i partiti anti sistema, il bipartismo classico destra-sinistra sta cedendo il posto ad una nuova contrapposizione tra riformisti e populisti. La ricetta per un’altra Europa è difficile ma una possibile alternativa deve necessariamente passare per una Unione più democratica. Unico antidoto per sconfiggere sia quelli che vogliono tornare all’idea dello Stato nazione come ad esempio Salvini o Le Pen e sia coloro che accettano senza alzare la voce i diktat di queste istituzioni europee troppo burocratiche.