La rigenerazione dell’agire politico 

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La settimana scorsa è stata caratterizzata da due significativi eventi politico culturali nel corso dei quali sono emerse analisi e contributi di alto profilo da parte di personaggi come Mancino e Zecchino che hanno onorato la storia politica irpina a livello nazionale e che, ancora oggi, riescono a delineare il volto nobile della politica. La viva e considerevole partecipazione della gente costituisce un segnale di speranza per chi, come lo scrivente, ha sempre sostenuto che la rigenerazione dell’agire politico parte da un ripensamento del concetto di cittadinanza.

Questo sforzo non riguarda semplicemente l’orizzonte teorico, o politico o etico. Lo spazio di riferimento complessivo di questo sforzo è certamente l’ipermodernità nel cui interno la ragione, l’autonomia della persona e il progresso della scienza, invece di rivelarsi come un servizio dell’uomo e della sua felicità, sono sfociati in una “religione” della tecnologia e della finanza non più governate dalla politica. Quando Zecchino ha evocato i tre capisaldi della dottrina politica di Sturzo – famiglia, comunità locale e organizzazione volontaristica – il diffuso smarrimento della gente trova un approdo umano, culturale e politico per ricaricarsi di un minimo di motivazione valida per andare ancora a votare. Non è stata casuale la recente affermazione di Mancino che la riabilitazione della politica passa dal recupero delle ragioni per farsi amare dalla gente, come quando l’organizzazione dei partiti – con i tanti circoli esistenti ed operanti, non quelli indicati dai moduli cartacei – costituiva un punto di riferimento credibile e la via selettiva della classe politica dirigente. Non casuale, altresì, è stata la richiesta a gran voce a Mancino per un suo intervento: la storia politica dell’ex presidente del Senato, il suo temperamento umano capace di suscitare stima e affettuosità, non sono stati dimenticati dalla gente irpina. È solo uno stato d’animo passeggero? È auspicabile, frattanto, che la nostra gente – giovani, donne, anziani – riscoprano la dignità di una loro cittadinanza, attiva e responsabile, per ricostruire una città senza confini e senza muri, con percorsi di socialità, di giustizia, di solidarietà, di scambio ordinato, di economia virtuosa. Siamo tutti alla ricerca di questo nuovo volto da dare alla nostra città e alle nostre piccole comunità, fatto di regole ma anche di valori, di pluralità e di concordia, di identità rivisitate e fedeltà rinnovate dall’incontro con l’altro, l’inatteso, il lontano, il prossimo che non ci somiglia, se non per quella appartenenza alla famiglia umana. In questo tempo di Avvento, tempo di attesa e di speranza, il nostro è uno sforzo di liberazione ma anche di smarrimento, è una apertura ma anche inquietudine perché non ci sentiamo più rappresentati. La speranza di una politica capace di farsi amare ci incoraggia a ridisegnare il perimetro di una nuova cittadinanza, non solo quello dei luoghi reali, ma anche quello dei luoghi virtuali, delle piazze mediatiche, dei flussi comunicazionali che “soffiano dove vogliono” creando e scomponendo comunità e appartenenze, identità e reti istituzionali. Questo viaggio dell’anima, lungo il sentiero della speranza, credo sia lo sforzo migliore, sommesso ed avvertito, per prepararci ad un Natale e un Nuovo Anno, come persone ancora capaci di fare storia e di costruire futuro.

di Gerardo Salvatore edito dal Quotidiano del Sud