L’ attesa svolta sta per giungere. Formalmente c’è ancora un percorso istituzionale da completare entro la prossima settimana. L’autorevolezza e il prestigio di Mario Draghi hanno messo quasi tutti d’accordo: da Grillo a Salvini, da Zingaretti fino allo stesso premier uscente Giuseppe Conte. La maggioranza che si propone è indubbiamente garanzia per il governo futuro. L’ex presidente della Bce ha compiuto una vera e propria “rivoluzione”, cancellando vecchie logiche di alleanza, assicurandosi, per ora, una navigazione che appare tranquilla. C’ è aria di nobile antico nelle scelte sin qui fatte. La memoria ci riporta all’Italia del dopoguerra, allorché le macerie prodotte da una sciagurata guerra richiesero un grande patto di alleanza tra le forze che dettero vita alla Costituzione. Allora ci venne in soccorso l’America con le risorse del Piano Marshall. Oggi, mentre imperversa una terribile pandemia che ha già fatto oltre novantamila vittime, è l’Europa a determinare le condizioni per una rapida ripartenza. Intanto i primi segnali della svolta sono evidenti. I commenti autorevoli della stampa mondiale sull’incarico affidati all’ex presidente della Banca europea ricollocano il nostro Paese in un contesto ben lontano da quel deleterio provincialismo che è causa del degrado raggiunto. Lo spread che scende, le borse che danno segnali positivi sono altri importanti aspetti da non sottovalutare, così come il continuo riferimento del presidente incaricato ad una nuova stagione dei doveri e delle competenze che disegnano un decisionismo da troppo tempo latitante. Mentre si attende il secondo giro di consultazioni si discute in queste ore intorno alla qualità della composizione della squadra del futuro esecutivo: governo tecnico o politico? E’ una differenza di non poco conto che potrebbe avvelenare il clima di fiducia che attualmente si respira. Per quanto è dato sapere, dalle indiscrezioni che trapelano, Draghi avrebbe intenzione di attuare una sintesi fra le due formule, in modo che la politica con i suoi rappresentanti sia chiamata a una grande prova di responsabilità e i tecnici a mettere a disposizione le loro indubbie competenze. Per ritenere che questa sintesi sia possibile, e possa dare risultati apprezzabili, è sufficiente andare con la memoria alla formazione del governo di Azeglio Ciampi e a quella stagione conclusasi con l’avvento dell’Italia nell’euro. Quanto sia stato importante quel traguardo lo dimostra oggi l’ottenimento dall’Europa del Recovery fund. In ogni caso Draghi ha sin qui dimostrato equilibrio nell’ascolto, assicurando grande autonomia nelle decisioni. Tuttavia sarebbe davvero un vero miracolo se nelle forze politiche, le scelte operate dalle maggioranze dei singoli partiti, non producessero ripercussioni. In particolare nel Movimento Cinquestelle dove, nonostante Di Maio e Grillo, si annuncia una consistente fronda di dissenso che potrebbe dare vita ad una probabile scissione. O nel Partito democratico che fa storcere il naso a molti esponenti del vertice per il sì della Lega alle proposte di Draghi. Non così in Italia Viva che Renzi ha ricompattato, evitando annunciate fughe, grazie alla sua abilità strategica nel contribuire a portare avanti ostinatamente “l’operazione Draghi”. Resta il secco no all’ex presidente della BCE di Fratelli d’Italia: Meloni ha contestato a Draghi di essere espressione della grande finanza internazionale. Per Mario Draghi ora si avvicina il tempo delle scelte in un momento drammatico per la vita del Paese. Le statistiche dell’ultima ora segnalano uno spaventoso aumento della povertà, una disoccupazione ben oltre ogni previsione, una condizione giovanile che richiede urgenti risposte. Come anche il Mezzogiorno che vede sempre più aumentare “l’effetto notte” dal resto del Paese. Si tratta di scadenze urgenti, pandemia prima di tutto, che richiedono grande coesione e lavoro da fare tutto in salita. n.b. Ci sia consentito, infine, un richiamo personale per quanto accaduto. Mentre molti opinionisti in questi giorni di pre-crisi disegnavano scenari inquietanti, sfogliando la margherita tra inevitabili dissensi delle forze politiche e ritorno alle urne, noi, sommessamente, fin dal mese di ottobre con una lettera aperta indirizzata al Capo dello Stato, auspicammo il suo autorevole intervento perché favorisse la strada dell’unità nazionale per uscire dalla crisi tremenda che il Paese attraversa. Ora che la strada intrapresa da Mattarella e Draghi si avvia verso l’auspicata favorevole conclusione abbiamo un sincero motivo per esprimere straordinaria soddisfazione per un nostro modesto contributo dato nell’interesse esclusivo del Paese.
di Gianni Festa