Corriere dell'Irpinia

La Sicilia: una sfida per quattro 

Ci fu un tempo, nella cosiddetta prima Repubblica, nel quale la Sicilia era un laboratorio dove si sperimentavano formule politiche destinate, nel caso, ad essere esportate nel Continente. Lì nacque l’apertura ai socialisti e poi il dialogo col Pci, per non parlare del “milazzismo”, alleanza anomala che si reggeva su un patto fra sinistra e destra per mandare la Dc all’opposizione. Il “milazzismo” durò poco e ci rimisero un po’ tutti i contraenti dell’accordo, ma in altri casi, sotto l’ombrello dell’autonomia, il dialogo tra forze politiche diverse che a Roma si davano battaglia senza quartiere, fiorì anche grazie alle enormi risorse economiche destinate alla regione.
Formule ardite, che avevano il pregio di attirare su Palermo l’attenzione interessata di personalità politiche di livello nazionale, curiose di vedere che cosa accadesse nell’isola. Insomma, ad ogni appuntamento elettorale regionale si guardava alla Sicilia per trarre vaticini sugli sviluppi politici nazionali. Oggi non è più così, e forse nulla di quanto accadrà domenica in regione potrà essere replicato pari pari a Roma; eppure l’interesse resta vivo sia perché l’appuntamento con le politiche è alle porte, sia perché, soprattutto, i principali contendenti che in primavera si affronteranno sul tavolo nazionale sono ansiosi di misurare le proprie forze a Palermo, Catania, Messina e negli altri capoluoghi isolani. Ma domenica si vota anche ad Ostia, municipio della Capitale, e a sua volta vera e propria città, con oltre duecentomila abitanti che si raddoppiano d’estate, con tutti i problemi che ciò comporta. Ostia va al voto anticipatamente dopo due anni di gestione commissariale in quanto la precedente amministrazione è stata sciolta per mafia. L’ultima volta che si votò ad Ostia i Cinque Stelle, che erano all’apice della loro parabola, presero oltre il 43% dei suffragi, e c’è molta curiosità di vedere se l’exploit si ripeterà, dopo due anni di “cura Raggi” in Campidoglio. Stessa attenzione per la Sicilia, che cinque anni fa fu “conquistata” da Beppe Grillo dopo l’epica traversata a nuoto dello Stretto. Grande successo elettorale, allora, ma poi il pallino della politica passò in altre mani e lì è rimasto fino ad oggi. Logico che ora i Cinque Stelle vogliano rifarsi, ma la certezza di una vittoria in vista di più ambiziosi traguardi (“oggi primi a Palermo, domani a Roma”) non è più tanto granitica, anche se il candidato premier Luigi Di Maio ce la sta mettendo tutta per sostenere il capolista locale Cancelleri, che non brilla di luce propria. Dunque, il primo responso delle elezioni siciliane e di quelle di Ostia riguarda proprio i grillini e le loro ambizioni di primato. Nelle due realtà, che non potrebbero essere più diverse, si dimostrerà se il loro appeal regge, nonostante la manifesta incapacità amministrativa dimostrata, e se le intemperanze verbali di alcuni candidati riescono a calamitare ancora la rabbia degli elettori. In Sicilia, certamente più che ad Ostia, si gioca anche la partita della leadership del centrodestra, che Berlusconi rivendica per se stesso, contrastato con vigore da Salvini, meno da Giorgia Meloni. La chiusura della campagna elettorale a Catania, giovedì sera, ha dimostrato quanta diffidenza e quanti retropensieri allignino ancora in quell’area politica, che pure è data per vincente nell’isola. Si è parlato di alleati “separati in piazza”. Tra l’altro, la leader di Fratelli d’Italia è riuscita ad imporre il suo candidato come futuro governatore, e ciò rende più spasmodica la contesa fra il fondatore di Forza Italia e il segretario della Lega per la leadership nazionale. Sta di fatto che la coalizione di centrodestra in Sicilia è stata più evocata che realizzata, il che proietta un’ombra anche sul suo futuro. Per completare il panorama, non resta che il centrosinistra, ancora tutto da costruire. In Sicilia, Renzi è riuscito a coinvolgere nell’alleanza i centristi di Alfano e qualche “civico”, come il candidato governatore Micari; ma è completamente scoperto sul fianco sinistro, dove anzi è insidiato dalla lista capeggiata da Claudio Fava, che potrebbe addirittura scavalcare quella del Pd. Se accadesse, sarebbe un gran brutto segnale per il segretario e un’ipoteca negativa per la sua sopravvivenza politica. Insomma, in Sicilia (e anche ad Ostia) il risultato della sfida a quattro avrà ancora una volta molto da dire a Roma.

di Guido Bossa edito dal Quotidiano del Sud

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