La sinistra e il popolo oggi

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“Ci fu un tempo in cui sinistra e popolo erano quasi la stessa cosa. Adesso in tutto il mondo le classi lavoratrici, i mestieri operai vecchi e nuovi, cercano disperatamente protezione votando a destra. Perché per troppi anni le sinistre hanno abbracciato la causa dei top manager, dell’Uomo di Davos; hanno cantato le lodi del globalismo che impoveriva tanti in Occidente. E la sinistra italiana da quando è all’opposizione non ha corretto gli errori, anzi. È diventata il partito dello spread. Il partito che tifa per l’Europa a prescindere, anche quando è governata dai campioni della pirateria fiscale. È una sinistra che abbraccia la religione dei parametri e delle tecnocrazie. Venera i miliardari radical chic della Silicon Valley, nuovi padroni delle nostre coscienze e manipolatori dell’informazione e trattano con disgusto quei bifolchi delle periferie che osano dubitare dei benefici promessi dal globalismo”. Queste parole non sono di un politico o scrittore di destra ma di un uomo di sinistra come Federico Rampini che ha dopo pubblicato il libro “la notte della sinistra”. Un’analisi impietosa degli errori commessi durante gli anni del governo e quelli dell’opposizione. E’ evidente che oggi non si può cambiare un partito nel giro di poche settimane e nemmeno si può esultare troppo quando il centrosinistra supera i Cinque Stelle come è accaduto ripetutamente negli ultimi turni elettorali regionali. Sempre secondi però perché la vittoria è andata altrove, al centrodestra unito a livello locale.  Zingaretti sta spingendo proprio sul ritorno al “vecchio” bipolarismo con la novità sostanziale di un centrodestra non più monopolizzato da Berlusconi ma a guida Salvini. Il neo segretario è impegnato a rafforzare un PD uscito con le ossa rotte dalle ultime politiche e che si affaccia alle prossime europee cercando di allargare il perimetro di una coalizione che si era troppo ristretta. Da questo ragionamento l’apertura a chi il partito lo ha lasciato due anni fa o a chi nel PD non è mai entrato. Tentativi che hanno bisogno di tempo per trovare un nuovo percorso che abbia altre parole rispetto a quelle usate da Renzi. Una vera autocritica non è mai stata fatta. Sono cresciute nei consensi altre forze politiche svuotando un PD che non è riuscito in questi anni a cucire insieme la passione dei militanti e le culture riformiste e cattoliche che sono alla base della sua nascita.  Ripartire dai temi del lavoro e recuperare consensi nelle periferie delle grandi città oggi egemonizzate da populisti e sovranisti. Il PD insomma dovrebbe riprendere un cammino interrotto e la strada è in salita. A Zingaretti il compito di elaborare proposte e progetti per provare a tessere più filo rispetto al passato e costruire un’alternativa per rompere l’asse attuale di governo e giocarsi in futuro la partita contro Salvini.  Nel frattempo al governo si continua a litigare praticamente su tutto. Un conflitto permanente tra Lega e Cinque Stelle, una campagna elettorale che nei fatti non è mai terminata dopo il 4 marzo ma che continua almeno fino alle europee. Il PD però, almeno stando agli ultimi sondaggi, recupera ma non troppo. E’ ancora inchiodato alle sue beghe interne, a come mettere insieme anime diverse. Si continua più a discutere dei destini personali che non di una visione comune. Con chi si è litigato due anni fa si può ovviamente fare pace ma non si può ridurre questa discussione al fatto che si è riaperta perché Renzi non è più leader del partito. Occorre fare scelte politiche condivise che guardino più al futuro che al passato. Zingaretti è insomma alle prese con un difficile puzzle. E’ impossibile costruire qualcosa con il solo ingrediente dei rancori.

di Andrea Covotta