“Gianluca portaci a Venezia”. Arriva davanti a Palazzo di città intonando un unico grido la zeza di Bellizzi, guidata dal capozeza Pellegrino Iannaccone e dall’infaticabile Ennio Spartano, dopo aver sfilato lungo Corso Vittorio Emanuele. E strappa al sindaco Gianluca Festa la promessa: “Il prossimo anno andremo a Venezia. La zeza di Bellizzi è un’eccellenza. E’ giusto farla conoscere al di là dei confini locali. Ogni anno si contraddistingue per passione ed entusiasmo”. Pellegrino Iannaccone ricorda come la zeza “Ha origini antichissime. Nasce nel Seicento a Napoli, per poi diffondersi nell’entroterra. I Caracciolo venivano a villeggiare al parco delle bellezze e mettevano in scena questa farsa. A loro volta i contadini la fecero propria e la tramandarono di generazione in generazione. Allora, erano solo gli uomini a mettere in scena la farsa e così, secondo tradizione, anche nella zeza di Bellizzi sono gli uomini a interpretare i ruoli di donne”. Spiega il valore di cui si carica la possibilità di essere a Venezia il prossimo anno: “Per noi si tratta di un ritorno, siamo stati a Venezia nel 1995. La zeza di Bellizzi è una tradizione, la portiamo in scena anche per chi non c’è più, quando sfiliamo per le strade di Bellizzi non possiamo non pensare a chi ha offerto un contributo decisivo alla tradizione”. E’ il professore Francesco De Toro dell’Università Federico II a sottolineare come “Con l’Università Federico II abbiamo studiato i diversi Carnevali della Campania. Ne abbiamo censiti 104, caratterizzati da modalità diverse, ciascuno ha la sua storia e identità, li abbiamo raccontati in un volume ‘Patrimonio culturale e festività dei carnevali: gli itinerari urbani dei rituali storici in Campania’ curato in collaborazione con Teresa Colletta. A contraddistinguere la zeza di Bellizzi è il forte coinvolgimento delle persone, la capacità di portare lo spettacolo in spazi pubblici e privati. Non ha dubbi De Toro: “E’ necessario fare rete per promuovere queste tradizioni”. E’ il professore Paolo Apolito, antropologo, tra i premiati con il riconoscimento ‘Terra di zeza’ per l’impegno nella valorizzazione della zeza, da quando negli anni ’70 studiava la tradizione avellinese con Annabella Rossi e Roberto De Simone, a spiegare come: “Tra le varie zeze de lla Campania, Bellizzi si distingue per l’eleganza, la grazia complessiva dello spettacolo, a partire dai singoli costumi curati nei particolari. Dagli anni ’40 non hanno perso nulla.  Al tempo stesso la zeza di Bellizzi rappresenta la migliore realizzazione del teatro in piazza, è una zeza che si sposta dal palco alla piazza senza perdere niente della sua bellezza. A contraddistinguerla è anche la forza espressiva che si deve alla abilità dei protagonbisti ma che è anche forza del popolo. Quando una tradizione rimane così forte per decenni vuol dire che dietro c’è forza vitale della comunità, altrimenti diventerebbe citazione del passato. Mentre la zeza di Bellizzi non è memoria, è vita della comunità di Bellizzi”. Chiarisce come “molte volte la salvaguardia coincide con la museificazione, la vita stessa della tradizione le garantisce il futuro, delimitarla attraverso gli strumenti di conservazione e tutela significa irrigidirla, mentre la zeza di Bellizzi vive di vita sua”. Tra gli zezaioli Mario Iannaccone, 77 anni, “Da 51 anni partecipo alla zeza, interpreto il ruolo della mamma di Zeza. Tanti i ricordi. come il Carnevale del 1982 quando insieme agli altri gruppi d’Irpinia andammo in onda in diretta su Rai due in una trasmissione curata da Gianni Minà. Per Bellizzi la zeza è tutto, è la capacità di trasmettere allegria, è arte, è spettacolo”. La manifestazione è stata anche l’occasione per assegnare gli altri riconoscimenti “Terra di Zeza” a studiosi che continuano a mantenere viva l’attenzione sulla tradizione, Alessandra Broccolini e Francesca Romana Uccella, docenti di antropologia culturale dell’Università La Sapienza, a Katia Ballacchino docente di antropologia all’Università La Sapienza, all’avvocato Giovanna Furcolo, sempre al fianco della zeza.