L’antistoricità del nazionalismo

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Di Matteo Galasso

Il protezionismo e il nazionalismo, che stanno tornando protagonisti della vita politica di molti Paesi per la prima volta dopo la seconda guerra mondiale, lanciano ai cittadini un messaggio chiaro, che si può riassumere in due semplici parole: “prima io”.

Un messaggio che richiama in breve il concetto di unità e sovranità nazionale che si sta cercando da anni di superare con la globalizzazione e che – oltre a puntare al libero mercato globale – fa sì che si vada al superamento delle frontiere tra Stati, ricordando agli umani che abitiamo tutti lo stesso pianeta. Il concetto di nazionalismo, invece, è sostenuto sempre di più da tutti coloro che non vogliono perdere la propria identità di cittadini di una determinata nazione con i dovuti diritti, doveri e “privilegi”.

Ma quali sono gli effetti di un mondo globalizzato sull’anti-globalizzazione?

Non accettare che il mondo stia cambiando e che l’intera umanità cerchi di costruire una collettività economica e sociale che non può limitarsi al singolo Stato, non può portare in futuro a nulla di positivo. Infatti, la realtà sta cambiando e nonostante ci sia chi vi si oppone, continuerà a cambiare. E coloro che non accetteranno un mondo sempre più globalizzato ne pagheranno le conseguenze restando inesorabilmente isolati. Se, ad esempio, gli italiani sostengono il “prima gli Italiani”, e lo stesso fanno i francesi o i tedeschi, quando il nostro popolo si troverà in difficoltà non potrà chiedere e ricevere aiuti da altre nazioni. E tutti siamo a conoscenza del come proprio noi italiani abbiamo rischiato – a causa di questa corrente di pensiero sostenuta da Paesi che almeno sulla carta dovrebbero essere nostri alleati economici – di non ricevere fondi economici proporzionati alla gravità della crisi che l’Italia sta affrontando da mesi.

Tutto ciò è accaduto proprio perché alcune nazioni si sono mostrate ostili a risollevare l’economia dei loro alleati colpiti dalla crisi economica seguita all’emergenza Covid-19, sostenendo politiche ideologiche tendenti ad un attento protezionismo economico. Quasi a “fregarsene” letteralmente di far parte di un’organizzazione, l’Unione Europea, che nasce proprio con lo scopo di costruire una comunità economica.

Il nostro Paese è fra l’altro uno di quelli dove negli ultimi anni la filosofia del “prima io” è molto radicata a causa di alcuni movimenti politici euroscettici e sovranisti, che raggiungono anche consensi importanti alle urne, stando almeno alle previsioni dei sondaggi.

Ma perché tutto questo?

Per il semplice motivo che tutti coloro che vivevano meglio nell’Italia pre-globalizzata, credono si possa tornare indietro, magari riadoperando la vecchia moneta e chiudendo i dialoghi diplomatici con le altre nazioni. Ma più che per un fattore economico, il nostro Paese è vittima dell’ideologia nazionalista soprattutto da un punto di vista sociale. L’Italia si trova al centro del Mediterraneo ed è pertanto la meta più facilmente raggiungibile via mare da tutti coloro che scappano a occidente, partendo da realtà molto più drammatiche di come le descrive la classe politica sovranista.

Il fenomeno delle migrazioni, prima da est, dopo la caduta della ex Jugoslavia, e ora da sud, dove dopo la caduta del regime di Gheddafi la Libia è strategicamente diventa il porto di partenza per chi fugge da regimi di terrore e guerre, ha cambiato radicalmente il modo di pensare di moltissimi italiani. Certo un problema, quello dell’immigrazione clandestina, che va senz’altro risolto, ma non con l’odio e con il razzismo alimentato da ideologie nazionaliste, piuttosto con progetti immediati e funzionali di cooperazione internazionale e un piano strategico di accoglienza non invasiva.

In definitiva, i concetti di identità nazionale e di protezionismo economico appartengono di fatto al passato e nonostante ci sia chi voglia ripristinarli, tornare indietro non potrebbe che peggiorare le cose. La visione di un mondo senza frontiere, che ancora in molti percepiscono come un pericolo, deve mostrarsi agli occhi di tutti come innovativa e sicura, superando le divergenze politiche e sociali che si sono venute a creare nei secoli tra diverse etnie. Invece di combattere per un’Italia più ricca e sicura, si combatta per un mondo più ricco e sicuro, nel quale non sia necessario difendersi da nessuno, nel quale non sia protagonista uno Stato in particolare, ma l’uomo.