Corriere dell'Irpinia

L’appello ai “Liberi e forti”

La ricorrenza centenaria dell’Appello ai Liberi e Forti di Don Luigi Sturzo è stata contrassegnata, in provincia di Avellino, da due momenti di significativa riflessione. Il primo promosso dalla presidenza provinciale delle ACLI Irpine, convocata appositamente venerdì scorso, con una riflessione introduttiva di chi scrive, preparatoria – come ha sottolineato Mimmo Sarno, attuale presidente provinciale delle ACLI – ad un evento celebrativo pubblico previsto per il prossimo marzo, con la partecipazione del Presidente Nazionale delle ACLI Roberto Rossini. Il secondo momento promosso in Ariano Irpino dall’associazione politico-culturale “Orizzonti Popolari” con una vibrante relazione di Ortensio Zecchino sul tema “Popolarismo a cento anni dall’Appello ai Liberi e Forti di Luigi Sturzo”. I due momenti hanno evidenziato la straordinaria attualità del pensiero sturziano con l’autentica cultura profetica ed innovativa in ordine ai concetti delle masse elettorali e le ambiguità dell’attuale concettualità della «democrazia diretta» ossia il rapporto immediato tra eletti e singoli che negano la mediazione politica degli eletti necessaria quando varcano la soglia del Senato o della Camera assumendo una precisa responsabilità morale e politica che li lega allo Stato. Appare, attualmente, abissale la distanza con chi quotidianamente si richiama al demagogico “contratto”, negando la sovranità costituzionale dello Stato. Si rivela, altresì, inesistente l’importanza di un sistema plurale di partiti e corpi intermedi, a fronte del pensiero sturziano che rifiuta sia l’individualismo liberale che la lotta di classe di stampo marxista. La rilettura, delle parole di Luigi Sturzo rivelano una lucidità profetica e diradano l’attuale opacità pseudoculturale dell’imperante populismo che configura il popolo non più come realtà feconda di coesione sociale, humus di civismo valoriale e sereno agone di solidarietà e di bene comune, non un mezzo per l’occupazione del potere, oltre i limiti previsti dalla carta costituzionale. Frattanto non possiamo rilevare che, anche se in maniera disaggregata, è sempre più crescente nella nostra cara Italia, la consapevolezza che il nostro popolo – forte della sua storia, della sua grande capacità di risorgere anche nei momenti più drammatici – possa esprimere in termini positivi comuni e comunità, la civitas da tutti auspicata, riscoprendo le antiche agorà come spazi civici e luoghi concreti dove i bisogni individuali diventano bisogni collettivi. Animare le nostre città politicamente, recuperando una storia significativa, riattualizzando le intuizioni sturziane, significa anche riaggregare le grandi potenzialità umane e culturali di ispirazione cristiana. Per altro già un secolo fa, sul versante laico e socialista, da Antonio Gramsci a Federico Chobot, pur nella immediatezza costitutiva del Partito Popolare il primo non esitò a prevedere che questo partito “avrebbe assunto una forma organica e si sarebbe incarnato nelle masse il processo di rinnovamento del popolo italiano”. Il secondo intellettuale, amico e sodale del nostro illustre comprovinciale Vittorio De Caprariis, definì lo stesso PPI come “l’avvenimento più notevole della storia italiana del XX secolo”. Ma come imboccare con efficacia la via di una buona politica, oggi, a cent’anni dall’Appello sturziano. Si cimentano su questo progetto, vari autori di cui ampi stralci dei loro contributi sono stati raccolti nel volume, curato da Alberto Mattioli e Pino Nardi, dal titolo “Liberi e forti. Per una nuova politica a cent’anni dall’appello di Luigi Sturzo” edizioni Il Dialogo. Paticolare attualità riveste il contributo di Gianni Bottalico, già presidente Nazionale delle ACLI, sul nucleo tematico del Federalismo, Europa, regionalismo e municipi. A fronte di questa vastissima ripresa di interesse sul pensiero sturziano e le prospettive politiche e culturali ad esso connesse, ancora una volta, lo sconcertante silenzio della sedicente classe dirigente irpina del partito democratico, si rivela irreversibilmente legato ad uno scellerato cannibalismo interno, senza idee e senza futuro.

di Gerardo Salvatore

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