L’arma segreta di Renzi

0
912

 

E’ percezione generale che a Renzi che, a meno di un terremoto, sarà confermato segretario del Pd fra poche settimane, la funzione di segretario del partito sta stretta e la concepisce solo abbinata a quella di Presidente del Consiglio che vuole riconquistare al più presto. Quella di segretario del PD ha continuato a farla nei fatti: vedi nomine dei manager pubblici, disposizioni al governo Gentiloni ed al ministro Padoan sulla manovra economica di aggiustamento, rinvii della discussione sulla legge elettorale. E, da ultimo, minaccia di crisi per la nomina dell’alfaniano Torrisi alla presidenza della Commissione Affari Costituzionale – dove si discuterà della legge elettorale – al posto del senatore da lui indicato. Si vede lontano un miglio che scalpita per ritornare a fare il Presidente del Consiglio al più presto possibile. Dovrà però superare alcuni scogli che si fanno più irti con il passare del tempo che non gioca a suo favore; innanzitutto la legge elettorale, senza la quale Il Presidente Mattarella non intende sciogliere il Parlamento, e la crescete diffidenza degli altri partiti verso il doppio incarico, vista la propensione, nella precedente azione governativa a favorire solo il suo partito. La guida del governo del leader del partito che ha vinto le elezioni è tipica dei sistemi di bipartitismo perfetto, come nel Regno unito, o di quelli a partito unico, come nei regime dittatoriali. In un sistema bipolare, dove si formano coalizioni, il Premier viene scelto all’interno di esse, di norma con il sistema delle primarie o con accordi politici. In un sistema tripolare o di multipartitismo diffuso, invece il Premier viene scelto dopo la consultazione elettorale. Nel sistema costituzionale italiano, confermato dal referendum- dal Presidente della Repubblica che conferisce l’incarico alla personalità politica che è in grado di avere la maggioranza in Parlamento. Dopo l’esito del referendum, il ridimensionamento dell’Italicum sostanzialmente proporzionale e la deludente azione governativa, la fase del renzismo può ritenersi conclusa anche se l’interessato non si rassegna. Ne basta passare dall’io al noi per cambiare pelle. Il lupo cambia il pelo ma non il vizio e, conoscendo il personaggio, si ha l’impressione che voglia solo sostituirlo con il plurale maiestatis. L’altro scoglio, che appare al momento, molto difficile da superare, è fare una nuova legge elettorale a sua immagine e somiglianza. Renzi dice di voler riproporre il Mattarellum e che gli altri partiti – con esclusione della Lega- non vogliono. Se veramente avesse voluto reintrodurlo, lo avrebbe fatto con gli stessi metodi usati nel far passare l’Italicum. In effetti non vuole un sistema elettorale maggioritario né di tipo inglese né francese, competitivi e con collegi uninominali che non consente di nominare i rispettivi parlamentari, come ritengono molti osservatori politici. Con l’Italicum, fatto approvare sull’onda del successo alle europee, pensava a sconfiggere facilmente il M5S. Il disegno non gli è riuscito. Ora pensa sempre ad una legge che lo favorirebbe, lasciando in piedi l’Italicum con la sola correzione del premio di maggioranza alla coalizione, invece che al partito e lasciando in essere i capilista bloccati, che piacciono pure a Berlusconi, ed equiparandola anche al Senato. L’esito non sarebbe scontato, stante una forte opposizione parlamentare e, perciò, anche rischiando l’osso del collo, andrebbe alle elezioni, al più presto possibile, anche con l’Italicum alla Camera e il Consultellum al Senato, Mattarella permettendo. Occorre un valido pretesto per far cadere il governo far sciogliere le Camere. Gianfranco Pasquino scrive sul Fatto di sabato che Renzi ed i suoi sostenitori “preferiscono portare il sistema politico nell’ingovernabilità se non riescono a riconquistare il Governo”. Con l’Italicum, anche con un possibile 40% conquistato dal M5S alla Camera, si avrebbe una sicura ingovernabilità. Ma si sa, Renzi è un giocatore e, pertanto, i tempi non si preannunciano facili e i rischi di tenuta del nostro sistema democratico sarebbero rilevanti. Poco interesserebbe, a questo punto, il ritiro, stavolta definitivo, di Renzi dalla politica.
edito dal Quotidiano del Sud