L’Autonomia, la manina e il Sud muto

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Sarà stata anche la misteriosa “manina”, ma il risultato non cambia. Chi ha diffuso il testo “segreto” sull’Autonomia differenziata regionale, pronto ad essere discusso in Consiglio dei ministri, lo ha fatto per evitare che si consumasse l’ennesimo agguato nei confronti del Mezzogiorno d’Italia. O forse no, il Sud potrebbe non avere nulla che fare con l’anonimo manovratore.
L’obiettivo, tra le varie ipotesi che circolano, potrebbe essere quello della vendetta politica nell’ambito della stessa coalizione di centrodestra. “A pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina”, amava dire l’inossidabile Giulio Andreotti, ed è probabile, in questo caso, che la differenza di valutazione tra Fratelli d’Italia e Lega abbia potuto armare la mano del misterioso funzionario del Parlamento, suscitando prevedibili reazioni. Prova ne è l’immediato attacco di Matteo Salvini che è arrivato finanche a minacciare una possibile crisi di governo e la rottura del patto di coalizione che ha portato Giorgia Meloni a ricoprire il ruolo di premier. Per dirla in breve: la “manina” ha scompigliato le carte sul tavolo, ordinatamente posizionate dal ministro Calderoli con l’affermazione più volte ribadita: l’Autonomia s’ha da fare, come lui dice, costi quel che costi.
Perché tanto livore nei confronti del Sud? La risposta si fonda su un pregiudizio non sempre infondato: il Sud spreca risorse, mentre il Nord le utilizza per lo più fino all’ultimo centesimo. Tradotto in termini di distribuzione delle risorse significa privilegiare l’Italia del Centro-Nord e penalizzare quella che da Roma arriva fino alle isole. Che cosa sorregge il pregiudizio? Un esempio su tutti: mentre il Nord dimostra di avere una capacità di spesa delle risorse immediata fino al punto di esaurire le risorse in tempi brevi, nel Sud i fondi disponibili non solo non vengono utilizzati ma, nel caso di quelli europei, tornano a Bruxelles per essere ridistribuiti tra gli altri Paesi membri dell’Europa.
Questo pregiudizio, però, è vero solo in parte, e non può avere completa legittimazione. Anche per ragioni storiche che conducono al diverso sistema che ha originato la nascita della Lega. Esso si basava sull’antimeridionalismo senza se e senza ma. Chi non ricorda le Pontida di Bossi, nel corso delle quali si impugnava la spada per cancellare il concetto di solidarietà con il Sud e si invocava la condanna assoluta di un Mezzogiorno assistito? E mentre nasceva il partito dell’egoismo nordista, il Meridione subiva gli attacchi in un mutismo deprecabile, senza costruire una proposta concreta che difendesse le giuste ragioni del proprio territorio. Non solo. Il Sud delle rivolte, delle fiammate improvvise per la tutela dei diritti, si è consumato con l’arrivo di semplici promesse, mentre altrove poteri consolidati hanno attraversato le aule parlamentari con la definizione di provvedimenti finalizzati a soddisfare grandi domande infrastrutturali.
Lo spartiacque, come sempre, è nel ruolo della classe dirigente. Quella meridionale è in eterna colpevole attesa. Come nella vicenda dell’Autonomia regionale differenziata. Le regioni sono divise tra loro, le grandi città protestano senza proporre, cresce la lamentela e non si approfondisce l’argomento Lep (Livelli essenziali delle prestazioni). E così il ministro Calderoli avanza e minaccia mentre il Sud rischia di prendere schiaffi, nella consapevolezza delle proprie debolezze. A pagare, però, saranno gli uomini e le donne del Sud, non certo i capetti della classe dirigente.