Lavoratori, diritti calpestati

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I troppi incidenti sul lavoro di  queste  settimane, la sempre più scarsa sicurezza dei macchinari e delle strutture, gli scioperi  per  rivendicare condizioni più umane, le chiusure di attività che si trasferiscono all’estero per conseguire maggiori utili, la morte di un sindcalista ucciso da un camion guidato d un altro lavoratore che ha violato il blocco per rispettare orari rigidi e brutali, i lavoratori che raccolgono arance o pomodori oppressi  e sfruttati come al tempo della schiavitù, la libertà di licenziamento, i contratti con centinaio di tipologie sempre più precarizzati e false cooperative, hanno portato alla ribalta il problema del lavoro e dei diritti violati della persona umana.

La nostra costituzione pone il lavoro a fondamento della democrazia: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” (art. 1) e “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa…” (art, 36). La legislazione della prima repubblica ha mantenuto questi valori, rafforzandoli e codificandoli nello Statuto dei Lavoratori (legge n.300 del 1970). Poi sono arrivate le destre e con Berlusconi prima e Renzi poi, sono state progressivamente scardinati e i diritti, conquistati con dure lotte e sacrifici, calpestati a cominciare dal divieto di licenziamento se non per giusta causa a tutte le norme sulla stabilità del posto del lavoro, alla sicurezza e a tutte quelle garanzie che difendevano la dignità della persona e la sua autonomia, I sindacati sono stati indeboliti, il lavoro disprezzato, parcellizzato, precarizzato e i contratti nazionali sostituiti progressivamente da una miriade di tipologie ( contratti a chiamata, appalti e sub appalti, e centinaia di altre) che di fatto hanno messo il lavoratore  in rapporto non con il datore di lavoro ma come  singola persona contro un’entità che sta sopra e che può sfruttare e ricattare in tutte le maniere, Il salario minimo è solo un’ipotesi di studio che è difficilissimo concretizzare.

Norma Rangeri scrive sul Manifesto del 22 scorso: “Il lavoro è, dovrebbe essere, la chiave di volta politica, sociale, economica, perfino culturale di un partito che dice di difendere questo mondo. … Bloccare i licenziamenti non è quindi un atto dovuto …. ma un messaggio a quell’Italia che si riconosce nel principio fondativo della Costituzione, a quella parte del Paese che crede nella centralità e nella tutela del lavoro, un principio cardine messo in discussione dal ventennio berlusconiano (che considerava la Costituzione una cartaccia comunista) in poi”. Il guaio è che il PD, che dovrebbe rappresentare questi valori è ancora pieno di renziani! Speriamo che cambi binario. Letta ci sta tentando: ”Il PD che voglio costruire  deve  … riconoscersi ed essere riconosciuto come progressista nei valori, riformista nel metodo, radicale nei comportamenti. … mettere la dignità del lavoro al centro di ogni nostra scelta, predicare e soprattutto praticare l’uguaglianza, stare sempre, prima di tutto, dalla parte di chi è in difficoltà, ridurre i divari territoriali, generazionali, di genere che affliggono l’Italia…” (da Anima e cacciavite, editore Solferino, giugno 2021)

Se il Covid ha insegnato qualcosa, tutta la politica economica globalizzata, che punta al progresso sfrenato distruggendo l’ambiente e le risorse naturali che non sono infinite, dovrebbe cambiare drasticamente binario e avviarsi verso uno sviluppo ecocompatibile che abbia molto più rispetto per il lavoratore, elemento insostituibile dello sviluppo, considerato persona umana con una propria dignità e autonomia che è parte importante dell’attività lavorativa, Il PNRR, con i tanti miliardi, messi a ns, disposizione dall’Europa, costituiscono una occasione storica irripetibile. Se non ora quando?

di Nino Lanzetta