Corriere dell'Irpinia

Le domande di una domenica di ottobre

Di Franco Festa

“Tutto bene?”, mi chiede Gastone. Non lo vedevo da tempo e sono felice di incontrarlo. Avanti negli anni, sempre gentile e attento, abita nel palazzo vicino al mio. Il Covid ha lacerato tanti rapporti umani, ci ha chiuso in un lago di solitudine dal quale è difficile uscire. Allora anche la domanda in apparenza più banale serve a ricondurci a una normalità da tempo cercata. Gli rispondo con un sorriso e con una frase a metà, alla quale Gastone replica in modo intelligente: “L’importante è vederci”, afferma, e mi saluta. Mi allontano, riflettendo su quanta verità e su quanta attenzione all’altro contengano quelle parole. E’ una bella mattinata domenicale. Da qualche parte si dibatte sulla città, un fantomatico fronte largo che non riesce a stringere nulla. Per qualche istante avevo pensato di passare, ma ho immediatamente respinto i cattivi pensieri. C’è più verità in questo dialogo apparentemente banale con un amico o nella discussione che si svolge nella Festa dell’Unità? Non ho una risposta certa. So che io conosco tutte le parole che in quel luogo si pronunzieranno, travestite da eccezionali novità, mentre qui, nella zona davanti casa, un luogo conosciuto eppure sempre nuovo, anche l’incontro più consueto è fonte di stimoli vitali. Mi sposto un poco, incrocio persone all’uscita dalla messa nel prefabbricato verde della Caritas. Ancora saluti affettuosi, ancora sorrisi, ancora segni sinceri di affetto e di amicizia. E’ un momento, questo, in cui la comunità si ritrova unita e viva. Vi erano stati altri momenti di forte partecipazione, di reale entusiasmo democratico, quando, alcuni anni fa, ci si era ritrovati a ragionare del progetto di sostituzione dei prefabbricati pesanti a Valle, autentica vergogna che si trascina da anni. Allora vi era stato, tra il basso, la comunità vallese, e l’alto, l’amministrazione comunale, un momento di autentico confronto e di profonda unità, che aveva portato a una proposta straordinaria, che non solo avrebbe visto l’eliminazione dei prefabbricati, ma anche la costruzione di spazi nuovi di socialità, a disposizione di tutti. Con l’amministrazione Festa è tutto franato, del progetto è sparita ogni traccia, nel mare di proclami vuoti e nell’ abile e accorto lavoro di chiusura di ogni spazio democratico che caratterizzano questo sindaco. Del progetto di Valle, stamattina, al dibattito del campo largo certamente non si è parlato, troppo intenti come sono a scrivere il libro dei sogni. Vado oltre, con una improvvisa stretta al cuore. La politica è l’unico strumento che può davvero cambiare il destino di questa città, è l’unica strada che hanno i cittadini per contare. E finché non si colma il drammatico divario tra quel dibattito tra gli addetti ai lavori e questa moltitudine festosa all’uscita della chiesa, non se ne esce. Occorrerebbero costruttori di ponti, che lavorassero in questa direzione. Ma dove sono? Nella schiera di fedelissimi che applaude Petracca per il suo banale intervento, nei festiani che vanno casa per casa per diffondere il verbo del gran capo, nei cacciatori di voti di entrambi gli schieramenti che verranno sguinzagliati nei quartieri per garantire il consenso clientelare? C’è un ex autista, a suo tempo giovane collega di mio padre, che mi passa affianco in bicicletta, agile nonostante i tanti anni. Legge le ombre sul mio viso, sorride. “Professò, siete uguale a vostro padre”, mi dice, e so che quelle parole si riferiscono a qualcosa che va oltre la somiglianza fisica. Lo saluto con gratitudine, mentre sparisce oltre la curva.

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