Le elezioni e le strategie dei partiti 

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Con il colpo di mano fascista dell’approvazione della legge elettorale, complice il sodale Gentiloni ed il silenzioso Mattarella, è cominciata, anche formalmente, la campagna elettorale anche se il treno di Renzi è già in corsa per l’Italia da un po’ di giorni e le ferite per l’agguato al Parlamento, emarginato ed umiliato, sono ancora aperte ed hanno fatto un’ulteriore vittima illustre nelle dimissioni del Presidente Grasso, seconda autorità istituzionale, dal gruppo parlamentare del PD.

Al senato ha solennemente espresso la sua riprovazione alla fiducia ed al merito della legge elettorale l’emerito ex Presidente Napolitano che pure aveva – in passato – protetto e avallato molti comportamenti fuori dalle righe dell’ex Presidente del Consiglio Renzi.  La strategia di Berlusconi – che Renzi sta contribuendo a resuscitare –è chiara e appare vincente, perché gli hanno dato due carte. Con una gioca sull’ unificazione del centro destra ed una possibile vittoria, con l’altra – se non dovesse dimostrarsi vincente, sull’ accordo con Renzi dopo le elezioni. Unico punto irrinunciabile: la salvaguardia delle sue aziende. La legge elettorale, che ha fortemente voluto, nella quale ogni partito si presenta con il suo simbolo, il suo leader ed il suo programma, gli dà d’altra parte la possibilità di fare una coalizione per la campagna elettorale, con l’eventualità di scioglierla subito dopo le elezioni, riacquistare la libertà di manovra e accordarsi disponendo di una posizione di forza, rappresentata dal rientro dei molti cespugli e dall’iscrizione al partito popolare europeo, con Renzi che, pur di riprendere la poltrona di Presidente del Consiglio cederebbe su molti punti del programma e garantirebbe ampiamente le sue aziende. La Meloni e Salvini non potrebbero fare altro che rimanere all’opposizione.

Dei cespugli (Alfano, Fitto, Tosi, Quagliariello, Brambilla, Rotondi) si è detto: cercheranno tutti, (forse con la sola l’eccezione di Alfano, se Renzi gli garantisce posti e visibilità) di rafforzare Berlusconi a cui devono tutto.

Il M5S ha la strategia di sempre, anche se la legge elettorale – fatta principalmente contro di loro – sembra non premiarlo perché non fa alleanze. Il suo obbiettivo è risultare il primo partito in ordine di voti in modo da ricevere – così ritengono – l’incarico di formare il governo e presentare in Parlamento un programma ed una squadra di governo, già anticipati agli elettori, sui quale chiederebbero i voti senza stipulare accordi o alleanze.

E veniamo a Renzi ed alla sua strategia, sempre più chiara in chi analizza i comportamenti e gli atti e non le parole o le promesse dal populismo dilagante e persino offensivo. Crede di poter recuperare tutti, o una gran parte di quel 40% di quei voti dei Si al referendum sulla riforma della Costituzione che ritiene siano stati dati alla sua persona. Combatte, con tutte le armi che gli sono rimaste in maniera spregiudicata e populista (vedi legge elettorale, distacco dal governo, antisistema, Banchitalia, giro dell’Italia in treno e perfino omelie nelle chiese). Attacca il M5S che teme moltissimo e solo apparentemente il centrodestra riservandosi di fare un accordo con Berlusconi, unica possibilità realistica. Perciò ha voluto, anche lui, una legge elettorale che gli lascia libertà d’azione, la possibilità di ricattare, con la nomina, i due terzi dei parlamentari e di tenere stretti in una museruola i suoi dissidenti interni.

Con la sinistra radicale, uscita dal PD, ha messo in azione il suo secondo ricatto, puntando su Pisapia che ritiene il suo cavallo di Troia per dividere la sinistra, non avendo preso in considerazione l’uscita di Grasso e la sua possibile guida di una sinistra unita anche a molti pezzi di società civile. Farà campagna elettorale puntando al voto utile ed imputando alla sinistra, uscita dal PD, la responsabilità di una vittoria della destra che dice di combattere: la sinistra facesse la sua lista ed entrasse nella coalizione con il suo simbolo, i suoi uomini ed il suo programma. Se recuperano voti tra gli astenuti, ben vengano e comunque non si riuscirebbe ad avere una maggioranza. Dopo il voto hanno libertà di scelta: o allearsi con lui e con Berlusconi riconoscendogli la leadership della coalizione, la guida del governo e la formazione del programma accontentandosi di qualche poltrona ministeriale o si accomodassero alla porta.

La strategia, non c’è dubbio è astuta e cinica, come il personaggio, ma presenta qualche incognita. Se non si raggiungesse alcuna maggioranza neanche con la compra vendita di parlamentari o di trasformismo? Si tornerebbe alle urna se Mattarella ritrova un po’ di coraggio o si prosegue nell’inciucio che stabilizzerebbe una situazione di ingovernabilità e di stallo? Renzi lo ha messo nel conto? Dopo di lui il diluvio o “Muoia Sansone con tutti i filistei” sembra dire, da pessimo statista che gioca sempre d’azzardo!

E veniamo alla sinistra di Bersani, Ventola, Civati, Pisapia. Come si comporteranno? Accetteranno il ricatto di Renzi? Forse Pisapia potrebbe sfilarsi, ma è difficile che possano farlo Bersani, Fratoianni, Civati e la sinistra sociale di Montanari e Falcone. La legge elettorale impone loro di presentare una lista unica, con un leader, un simbolo ed un programma comune ed andare a vedere le carte di Renzi. Se davvero il PD vuole l’accordo discuta con la Sinistra su discontinuità, programma e leadership a prescindere da Renzi (che prenderà un’altra legnata in Sicilia) e che farebbe bene a mettersi da parte per la Presidenza del Consiglio, magari candidando Gentiloni. Meglio un governo di centro destra, se avranno i numeri, che un inciucio Renzi Berlusconi che farebbe ulteriormente degenerale la democrazia. E, ancor meglio tornare al voto, stavolta senza Renzi.

di Nino Lanzetta edito dal Quotidiano del Sud