Le illusioni dei sovranisti

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L’emergenza coronavirus ha fortemente indebolito la narrazione sovranista. Salvini e – sia pure con caratteristiche un po’ diverse – la Meloni per mesi hanno più o meno efficacemente venduto agli italiani la convinzione che una illusione fosse la realtà. E che l’unica salvezza, di fronte a difficoltà economiche non risolvibili facilmente, fosse una miracolosa autarchia. Caratterizzata non solo dalla chiusura assoluta delle frontiere perfino a donne e bambini migranti. Ma anche da una sorta  di isolamento produttivo, fondato sull’incoraggiamento a comprare solo prodotti italiani. E dalla guerra continua contro una Ue matrigna (e tutti gli altri Paesi, cadendo così in un pericoloso isolamento) nonostante essa rappresenti il nostro alveo politico-economico di riferimento. Una visione, per la sua disorganicità , per la sua inconsistenza, per la sua assurdità provinciale ora indebolita dall’esplosione del coronavirus. Resta un mistero come si faccia a pensare a un’Italia autosufficiente, visto si tratta di un Paese povero di materie prime. Basato sulla manodopera. Che esporta buona parte dei suoi prodotti industriali. E che compra dall’estero non solo le materie prime, ma anche molti prodotti mancanti. Qualche economista potrebbe spiegare facilmente ai sovranisti di casa nostra l’impossibilità di sopravvivenza del nostro Paese se ci chiudessimo a riccio!  L’unica strada praticabile rimane quella di saper restare concorrenziali sui mercati internazionali. L’esplosione dell’epidemia al Nord ha trasformato le regioni elette del leghismo  in pericolosi “untori”. Soprattutto, in territori bisognosi di aiuti. Ha rilanciato la necessità della solidarietà fra Stati e fra persone. Ha costretto  perciò il capitone a recedere dalle sue battaglie. E a prendere continui schiaffi. L’offerta della vituperata capitana tedesca, Carola Rackete della Sea Watch, di venire come  volontaria in Italia! La donazione, da parte di una ong americana, dei fondi per costruire un ospedale a Crema. Pazienti lombardi trasferiti in Germania. Medici e infermieri cubani esperti di Ebola mandati a Milano. Medici cinesi a  Bergamo.  E altri massicci aiuti da parte della Cina, offesa dal governatore Zaia che aveva qualificato i suoi abitanti come “mangiatori di topi”, salvo poi scusarsi. Per non parlare delle piroette del governatore leghista lombardo. Prima aveva liquidato il coronavirus come “poco più di una normale influenza”. Per poi allinearsi a chi chiedeva ulteriori misure! In effetti, è stupefacente la totale dimenticanza, da parte dei seguaci dei sovranisti, delle deludenti “prestazioni” della classe dirigente leghista. A cominciare da Maroni, che da ministro dell’interno dichiarava solennemente – in ossequio alle dottrina di Pontida sul primato della Lombardia e del Veneto – che al Nord non c’erano mafie. Ed è stato poi sbugiardato dalle inchieste! E perfino poi condannato per un episodio di favoritismo della sua segretaria. O il ministro di giustizia Castelli, padano protagonista  di un video in cui ballando diceva “chi non balla italiano è”. O Bossi, che invitava a pulirsi le parti intime con il tricolore. Ed è finito poi prescritto – ma non dichiarato innocente – per aver utilizzato fondi pubblici per fini privati. Mania forse contagiosa, visto che la Lega deve restituire – anche se in 75 anni ! – ben 49 milioni. Per non parlare dei traffici moscoviti dell’ex collaboratore di Salvini, Savoini, su cui indaga la magistratura. Diverso il caso della Meloni, che ha riunificato i diversi tronconi della destra “dura e pura”. Ed è corteggiata ora dalla destra Usa. Forse anche per questo pronta a polemizzare con l’Ue, seguendo l’esempio di Trump. La leader di FdI, troppo presa dalla concorrenza salviniana, appare però oscillante nelle scelte e negli atteggiamenti. Il suo credo sovranista un po’ intermittente non sembra reggere all’urto della realtà. Quella di un Paese che non è assolutamente in grado di sopravvivere isolato! Forse è presto per dirlo, ma le manfestazioni di solidarietà e di orgoglio italiano di questi difficili giorni possono davvero aprire la strada a un patriottismo diverso. Che cioè non abbia niente a che vedere con un cieco isolazionismo né con un becero nazionalismo!

di Erio Matteo