Le incognite del nuovo anno

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Se il 2015 da poco concluso aveva fatto registrare sintomi di ripresa economica e di raffreddamento di almeno alcuni degli scenari di crisi internazionale (valga per tutti l’accordo sul nucleare iraniano), sul nuovo anno appena iniziato gravano incognite preoccupanti e interrogativi cui non sarà facile dare risposte rassicuranti. Partiamo dall’economia e dalla finanza internazionale che ormai determinano sempre più direttamente nel bene e nel male (nel male soprattutto) le nostre vite. Pochi osservatori hanno dato rilievo ad un’allarmante previsione degli analisti della Royal Bank of Scotland che nei giorni scorsi hanno disegnato a beneficio dei loro clienti un quadro catastrofico, con i listini delle borse mondiali in calo vertiginoso (fino a meno 20%), il prezzo del petrolio sotto i venti dollari al barile, il dollaro in ascesa a drenare valute e ricchezza da ogni parte del mondo. Le fibrillazioni delle borse asiatiche e la conseguente instabilità dei mercati finanziari europei sembrano dar ragione almeno in parte a queste pessimistiche ipotesi, che riportano alla memoria lo shock del 2008 dal quale, almeno noi in Italia, non ci siamo ancora del tutto ripresi. E c’è, in proposito, una coincidenza inquietante: allora come oggi l’America si appresta a voltare pagina, e se otto anni fa la presidenza Obama dette uno scossone salutare all’economia più forte del mondo e impostò su nuovi parametri la politica estera della superpotenza, oggi, col secondo mandato in scadenza, nessuno si azzarda a indovinare che cosa succederà dopo l’8 novembre e, nell’attesa, come in ogni anno elettorale, il mondo trattiene il fiato, mentre sulle piazze americane si esibiscono personaggi non proprio rassicuranti. Lasciando dagli Stati Uniti e attraversando l’Atlantico, il panorama del Vecchio continente non si presenta più tranquillizzante. L’infezione terroristica a lungo incubata e poi esplosa in Medio oriente e in Africa, si è ormai propagandata in Europa e, da Parigi a Istanbul, nessuna capitale si sente più al sicuro. E come potrebbe, se la stessa Unione avverte una carenza di leadership e di consenso che ne mette in discussione il futuro? C’è alle porte il referendum britannico sulla permanenza nel club; oltre la Manica, Angela Merkel, proclamata “persona dell’anno” dal Time di dicembre, nel giro di nemmeno un mese si è trovata a dover affrontare una perdita di popolarità tanto brusca da far temere addirittura sulla sua tenuta politica nel partito e nel paese; ed appare ormai chiaro che l’indebolimento della Cancelliera rende tutto più difficile: sull’immigrazione, sul controllo dei bilanci, sul rilancio degli investimenti, sulla crisi bancaria, sulla coesione sociale, sulla libera circolazione delle persone (e magari fra un po’ anche delle merci), tutti i dossier più delicati sono in alto mare, mentre i sempre più frequenti vertici dei capi di governo si impantanano in polemiche personalistiche e di facciata. Forse il quadro, così sommariamente disegnato, può apparire troppo pessimistico; e può darsi che le prossime settimane, a partire dall’incontro di fine mese fra Matteo Renzi e la signora Merkel a Berlino, contribuisca a diradare in parte la nebbia che grava sulle istituzioni comunitarie. Se sarà così, tanto di guadagnato: un’Europa più solidale e meno sospettosa potrà anche affrontare meglio la questione dei rapporti economici, politici e strategici con una Russia ansiosa di uscire dall’isolamento ma anche tentata di “fare da sé”. Resta il fatto che la dominante di tutti i discorsi che abbiamo fin qui sviluppato è l’appannamento o la crisi delle leadership; che non è un fatto positivo. E l’Italia? Anche da noi nell’anno appena iniziato gli interrogativi prevalgono sulle certezze, a partire dall’ovvia constatazione che tutti i fattori di instabilità che abbiamo elencato pesano negativamente sulla politica interna e sull’economia del Belpaese. Dove poi c’è anche dell’altro, per cui il governo inizia in salita il suo percorso parlamentare, sul quale troverà ben presto gli ostacoli della legislazione sui diritti (unioni civili e immigrazione clandestina), mentre all’orizzonte si staglia minaccioso l’appuntamento con le elezioni amministrative e quello con il referendum sulla riforma costituzionale, che pure presenta qualche incognita. Dalla sua, Renzi ha una indubbia capacità tattica, che finora gli ha consentito di superare ogni difficoltà; ma la mancanza di alternative politiche (anche scontando i problemi che i Cinquestelle stanno affrontando) può non essere sufficiente a garantire all’esecutivo una performance all’altezza della situazione.
edito dal Quotidiano del Sud